REDAZIONE FIRENZE

John le Carré, il Signore delle spie

"Non ha nessun futuro". Così, un incauto editor bollò il manoscritto di ’La spia che venne dal freddo’, il più...

"Non ha nessun futuro". Così, un incauto editor bollò il manoscritto di ’La spia che venne dal freddo’, il più grande romanzo di spionaggio della storia, che ha regalato un posto nell’Olimpo della narrativa al suo autore John le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell. Esagero? Per niente. ’La spia che venne dal freddo’ – scritto nel 1963 e ambientato nel mondo polarizzato della Guerra Fredda, dove non c’erano terze vie fra Usa e Urss – è al terzo posto nella classifica dei migliori cento romanzi gialli di tutti i tempi (opinabile, per carità, ma significativa) stilata nel ’90 dalla Crime Writers’ Association, l’organizzazione di scrittori crime inglesi.

Al di là della spy story – impeccabile anche perché le Carré era un ex agente dell’MI6 – è di forza evocativa straordinaria il suo affresco della Berlino Est di quegli anni, quando c’era ancora il Muro a dividere plasticamente non solo una città, un Paese, ma due mondi, due società, due modi di intendere la vita stessa. La storia, in sé, è complessa, intrecciata, ma scritta in modo impeccabile, ottima per il lettore: al centro di tutto c’è Alec Leamas, agente del servizio segreto inglese, stanco e disilluso, che cerca di infiltrarsi nella Germania Est per bloccare un suo omologo tedesco orientale. E’ una storia Grande, con la G maiuscola, che le Carré gestisce con sapienza, riuscendo a sciogliere ogni nodo con semplicità disarmante, dando al lettore tutto quanto di bello si può chiedere a un romanzo. Non a caso, de ’La spia che venne dal freddo’ Graham Greene disse che era "la miglior spy story che abbia mai letto".

Ma le Carré non si limitava al realismo fine a se stesso, al gelido e distaccato ritratto del mondo che aveva davanti, tutt’altro. Del grande ’Gioco’ dello spionaggio, di quel mondo bipolare e complesso (ma molto meno rispetto a quello polverizzato di oggi) portava in piena luce i conflitti morali, le sfumature e i chiaroscuri, l’impossibilità di distinguere il bene dal male, contestualizzandoli profondamente in un quadro storico ben definito. Le Carré è il manifesto più fulgido di un genere che va ben oltre la letteratura fine a se stessa, che racconta la realtà della Guerra Fredda e la spiega, senza sconti né incertezze. E con un linguaggio chiaro, mai ampolloso. Per far capire tutti. Il che rimane la cosa più difficile del mondo. Ma che lui sapeva fare benissimo.

John le CarréLa spia che venne dal freddoMondadori