Istigazione all’odio Stangata per Gheri Cinque anni e mezzo al dj di Radio Studio 54

Dai microfoni dell’emittente insulti e frasi razziste, ma anche diffamazioni verso un professionista e un suo ex collaboratore. Stabiliti i risarcimenti. Condannata per calunnia pure la moglie.

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Cinque anni e mezzo di condanna: si conclude così, in primo grado, il caso dello speaker dell’emittente di Scandicci Radio Studio 54 Guido Gheri - in arte Gheri Guido - finito a processo per diffamazione, istigazione all’odio razziale, calunnia. Il giudice Virginia Mazzeo ha condannato Gheri anche al risarcimento delle parti civili: centomila euro all’avvocato Paolo Florio, ex legale dello speaker, 50mila a un ex collaboratore della radio, Marcello Bevignani, 15mila euro al carabiniere Giuseppe Sansalone e 10mila al collega Giuseppe Benedetti. Gheri è stato anche dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.

Assieme a lui, è stata condannata anche la moglie Angela Marchese: due anni, pena sospesa ma subordinata al ristoro dei due militari (risarcimento del danno e refusione delle spese processuali) oggetto della calunnia per cui il tribunale ha pronunciato sentenza di condanna.

I guai di Gheri e Radio Studio 54 sono cominciati anni addietro, quando l’emittente è stata “spenta“ da una serie di decisioni del tribunale. A monte, c’erano le querele per diffamazione nei confronti di Florio e Bevignani (che in passato avevano partecipato alle trasmissioni di Gheri: la più popolare era la sua “Voce al Popolo“) ma anche alcuni episodi di istigazione all’odio razziale per alcune uscite verso immigrati o “comunisti“ fatte dai microfoni dell’emittente. Tra le frasi rievocate nel processo quelle come immigrati "mostri, spacciatori e stupratori" e insulti all’allora ministro Cecile Kyenge.

Gheri, spirito ribelle, dj molto popolare - si candidò a sindaco di Scandicci con una lista civica e ha rivestito la carica di consigliere comunale - ha sempre contestato i provvedimenti della magistratura.

Dopo un sequestro preventivo delle sue frequenze, non esitò a riaccendere la radio utilizzando il web.

Nel corso delle notifiche dei vari provvedimenti, la sua posizione si aggravò anche della calunnia nei confronti dei due carabinieri. Li accusò, in una denuncia, di essersi "intrufolati", senza alcun mandato, nella sede di Radio Studio 54, facendo riprese video e di aver " manomesso l’impianto di tramissione della radio impedendo così all’emittente di trasmettere, arrecando di conseguenza alla stessa gravi e irreparabili danni".

Ma quelle parole, benché formalizzate in una denuncia, si sono rivelate false. Gheri e Marchese potranno impugnare in secondo grado la sentenza di ieri. Fra novanta giorni, si conosceranno le motivazioni delle condanne.

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