Inchiesta rifiuti, risultati choc dai prelievi. Keu e altri veleni in Toscana

Nuovi risultati dalle indagini sullo smaltimento delle concerie di Santa Croce. Trovati dai carabinieri cromo e arsenico sopra i limiti

La protesta degli abitanti della Valdelsa dopo la scoperta dei veleni

La protesta degli abitanti della Valdelsa dopo la scoperta dei veleni

Firenze, 24 agosto  2021 - I veleni del «keu» affiorano anche a Crespina Lorenzana (Pisa) e Massarosa (lucca): valori di cromo oltre i limiti emergono dai prelievi effettuati dalla procura nei terreni dove sarebbero stati ’riciclati’, dall’imprenditore Francesco Lerose, gli scarti delle concerie di Santa Croce (Pisa). E pure a Bucine (Arezzo), nel corso della costruzione di alcune villette, una miscela carica di arsenico, proveniente anch’essa dall’impianto dei Lerose situato nell’aretino, avrebbe riempito i sottofondi della costruzione.

Sono allarmanti le anticipazioni che provengono dalla consulenza disposta dalla Dda di Firenze sui prelievi effettuati dai carabinieri forestali. E al tempo stesso confermano le ipotesi accusatorie in merito alle dispersione, in varie località della Toscana, dei materiali inquinanti trattati dall’imprenditore di origine calabrese sospettato di essere in contatto, per tramite il cugino Gaetano, con la cosca di Nicola Grande Arachi di Cutro.  

Massarosa. La consulenza complessiva non è stata ancora depositata. Tuttavia, alcuni risultati sono già stati resi noti anche per favorire l’inizio di opere di bonifica che a questo punto non sembrano più rimandabili. Come risulta dalle carte dell’inchiesta, a Massarosa l’imprenditore indagato avrebbe usato un’area per stoccare i rifiuti provenienti da Pontedera. Si tratta di una particella di terreno soggetta a recupero ambientale da parte di Ecogest srl. Qui, in questo "sito non idoneo", secondo le accuse della procura, Lerose avrebbe fatto arrivare, tra il gennaio e il febbraio del 2019, 3300 metri cubi dei rifiuti di Santa Croce. Crespina Lorenzana. Stesso discorso per l’area della ditta ’Cantieri srl’, situato nel territorio del Comune pisano, dove, in un periodo temporale antecedente al precedente - collocato tra l’agosto e il dicembre del 2018 - dall’impianto di Pontedera sarebbe arrivato "un quantitativo allo stato non determinato ma comunque ingente" di quel sabbione pericoloso. Le analisi parlano di cromo, di molto oltre il limite. Tale presenza certificherebbe anche il legame con l’origine conciaria del rifiuto.  

A Bucine è stata invece rilevata tramite i ’test di cessione’ una massiccia presenza di arsenico nei campioni prelevati in un terreno privato oggetto di una lottizzazione abitativa. L’origine di questa contaminazione sarebbe un carico di materiale ’riempitivo’ proveniente dall’impianto di riciclaggio inerti di Levane, sempre della famiglia Lerose: oltre a Francesco, sono infatti indagati suo figlio Manuel e sua moglie Annamaria Faragò. Gli ultimi risultati vanno ad aggiungersi a quelli già noti inerenti i rilievi effettuati sul cavalcaferrovia di Empoli (anche in questo caso è presente il cromo), e a questi si dovrebbero aggiungere, tra non molto, quelli relativi a tutti gli altri campionamenti effettuati in questi mesi, tipo quelli all’azienda agricola ’I Lecci’ di Peccioli o al ’Green Park’ di Pontedera. Sul fronte dell’inchiesta, la Dda di Firenze sta andando avanti su tutti i fronti: oltre a quello ambientale, c’è anche il filone "politico", con le indagini che investono la classe dirigente regionale e quella del comprensorio del cuoio. Le misure cautelari si sono nel frattempo affievolite.  

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