
"Abbiamo il materiale e gli ordini, possiamo lavorare in totale sicurezza. Fateci ripartire". E’ l’appello di Massimiliano Guerrini, titolare della pelletteria Almax di Scandicci, fondata nel 1972, oggi alla seconda generazione. Sono 270 i dipendenti, di cui una decina gli amministrativi che lavorano in smartworking. Tutti gli altri, da quando l’azienda, secondo le disposizioni del governo, è stata costretta a chiudere, sono in cassa integrazione.
Gli imprenditori vogliono ripartire?
"Sì, certo. Tutte le filiere del sistema moda, in particolare della pelletteria e del lusso, sono in condizioni di riaprire lavorando in sicurezza. Il rischio è di perdere un anno, di perdere le collezioni del prossimo inverno, che non si possono poi riproporre in estate. Hanno una scadenza".
Qual è la situazione nella sua azienda?
"Siamo chiusi dal 20 marzo e siamo molto arrabbiati, perché non c’è chiarezza. Non esiste un’idea precisa di come e quando ripartire e ciò genera caos. Eppure, saremmo pronti per riaprire domattina, perché già prima di chiudere avevamo messo in campo tutte le misure di sicurezza possibili".
Vale a dire?
"Già a fine febbraio, quando c’è stato il primo caso di coronavirus in Italia, abbiamo iniziato ad adottare tutta una serie di procedure interne per consentire il lavoro in sicurezza. Per esempio la mascherina per chi aveva contatti con il pubblico, stop alle riunioni fisiche, uso di gel e guanti per i magazzinieri, i corrieri scaricavano fuori dalla sede senza contatto fisico e abbiamo smesso di far venire i consulenti in azienda. Misure via via sempre più stringenti a partire dagli inizi di marzo, quando abbiamo chiuso la mensa".
Lavoravate tutti?
"Su turni, in modo da garantire le distanze di un metro e mezzo in un ambiente di 8.500 metri quadrati".
Dal 14 aprile potreste riaprire?
"Certo, ma siamo pronti anche a fare di più. Abbiamo incrementato il piano di sicurezza e lo abbiamo già inviato al governatore Rossi. Siamo pronti a far fare le analisi sierologiche a tutti i nostri lavoratori, per vedere chi è positivo al coronavirus. Abbiamo la convenzione con Synlab e trovato l’accordo con i sindacati, manca solo la firma".
Crede che anche le altre aziende possano fare altrettanto?
"Pur di riaprire e tornare a produrre e lavorare gli imprenditori sono disposti a investire in sicurezza, come già hanno fatto. Non hanno paura di spendere soldi per fare gli esami ai lavoratori o farli lavorare con le mascherine. Hanno paura di aspettare le decisioni di un governo che non decide. Anche io, quando è scoppiata l’emergenza, ho fatto subito un’assicurazione sanitaria ai dipendenti perché fossero coperti in caso di positività al Covid19, visto che Inps e Inail non si erano espresse chiaramente sulla questione".
La situazione internazionale non è però delle migliori. Voi lavorate con l’estero. Se riaprite siete in grado di produrre?
"Abbiamo raccolto gli ordini a gennaio, a febbraio abbiamo acquistato il materiale e se si riaprisse domani abbiamo una produzione garantita fino a giugno. I clienti, ad oggi, non ci hanno annullato gli ordini per l’inverno. Anziché tre mesi di cassa integrazione, i nostri dipendenti avrebbero davanti tre mesi di stipendio intero e puntuale. E’ ovvio però che se si attende ancora, i nostri clienti, che sono le principali griffe della moda, andranno probabilmente a far produrre le borse altrove. Magari in Germania o in Francia, dove, nonostante lo scoppio della pandemia, le fabbriche continuano a lavorare".
Monica Pieraccini