CHIARA CASELLI
Cronaca

Il tenore Pretti al Maggio Musicale: "Ecco il mio lestofante Pinkerton"

L’artista: "Firenze è bellissima. Qui tra musica ed enogastronomia posso dare sfogo alle mie passioni"

L’artista: "Firenze è bellissima. Qui tra musica ed enogastronomia posso dare sfogo alle mie passioni"

L’artista: "Firenze è bellissima. Qui tra musica ed enogastronomia posso dare sfogo alle mie passioni"

Ha trionfato in ’Tosca’ nel maggio scorso e adesso si appresta ad indossare i panni del tenente americano F. B. Pinkerton in ’Madama Butterfly’, in scena al Teatro del Maggio a partire da domani sera (ore 20) accanto a Carolina López Moreno, Nicola Alaimo e Marvic Monreal. Piero Pretti, vent’anni di carriera per una delle voci tenorili più apprezzate in tutto il mondo, ormai a Firenze è di casa. "Firenze è bellissima, come il suo Teatro. Qui tra musica e enogastronomia posso dare sfogo a tutte le mie passioni. Ho debuttato in Tosca a fianco di Daniele Gatti che ha dato all’opera una lettura di sconvolgente modernità. Un Cavaradossi disilluso che cerca di assecondare la spontaneità quasi infantile di Tosca nell’illusione di poter superare qualsiasi difficoltà. Un imprinting straordinario per una messinscena molto diretta, fedele all’autore".

E adesso Pinkerton. E siamo agli antipodi...

"Questa è la mia dodicesima Butterfly: l’ho cantata ovunque, dalla Nuova Zelanda al Metropolitan di New York. A questo punto ho superato anche la fase della routine ed è un autentico piacere riscoprire lo spartito attraverso la lettura netta ed incisiva del maestro Gatti".

Ma come si fa a immedesimarsi in un lestofante come Pinkerton?

"Non appartengo a quella specie di artisti che si calano nel personaggio. Per me l’interprete non si immedesima ma rappresenta. La nostra è un’arte di maniera: il canto lirico ha una sua estetica e comunque, se proprio vogliamo analizzare il personaggio, certo di un lestofante si tratta, ma è innegabile che all’inizio sia sinceramente innamorato di CioCioSan. Poi è vero, non pensa minimamente alle conseguenze. Nel finale Pinkerton dà il peggio di sé, presentandosi con la moglie americana a reclamare il bambino che Butterfly ha messo al mondo, ma se così non fosse non sarebbe melodramma. Noi cantanti facciamo parte di un marchingegno che comprende i movimenti scenici, i tecnici, i macchinisti e tutto il resto. Forse altri colleghi sentono il desiderio di vivere la catarsi ma non è questa la mia maniera".

E gli applausi arrivano copiosi...

"Non sempre, in verità. Ho debuttato in Butterfly in nuova Zelanda, ad Auckland. Alla fine sono uscito sul palco e sono stato ricoperto dai fischi. Sono rimasto impietrito. ’Ma ho cantato davvero così male?’ ho chiesto. E ho trovato la direzione artistica al completo, entusiasta: ’Sei stato eccezionale, ce l’hanno con Pinkerton, non con te. Abbiamo fermato i ragazzi del conservatorio che volevano picchiarti’".

Un’indigestione pucciniana nell’anno del centenario?

"Mah, io mi farei anche una Bohème… È stato il mio debutto vent’anni fa. Ho iniziato a 16 anni. Le prime stagioni nel coro del teatro lirico di Cagliari, poi ho smesso. Ho ripreso negli anni del karaoke, repertorio rock, con una band. Poi di nuovo la lirica a 30 anni. Prima Muti, poi Torino, la Scala, Berlino, Monaco, Parigi, Londra. New York. E adesso sono qui. Finirò l’anno a Valencia con Il Trovatore e a Napoli con Don Carlo. Ce n’è per tutti i gusti".