
Dove può stare, ai tempi nostri, la mangiatoia vuota in attesa di Gesù Bambino? Probabilmente nel parcheggio di un supermercato, o comunque in periferia, come lo fu a Betlemme. Ascanio Celestini porta in scena la “Rumba“, terza parte di una trilogia che comprende “Laica“ e “Pueblo“, dove racconta appunto dell’asino e del bue del presepe di Francesco. Lo spettacolo, commissionato dal Comitato Nazionale Greccio (dove ha debuttato) per l’ottavo centenario del presepe di Francesco a Greccio, 1223- 2023, arriva al Puccini stasera alle 21 e domani alle 16.45. Musica e voce di Gianluca Casadei, voce Agata Celestini, immagini dipinte di Franco Biagioni, produzione Fabbrica, Fondazione Musica Per Roma, Teatro Carcano.
Ascanio Celestini, che presepe è questo “Rumba“?
"Come gli altri due spettacoli della trilogia è ambientato in un parcheggio, una periferia qualunque, che immagino a Roma ma va bene ovunque. Dove appunto i personaggi si muovono tra un supermercato, un parcheggio, un bar".
E cosa c’entra San Francesco?
"Il personaggio scende in un parcheggio sperando che arrivino i pellegrini nel giorno di Natale per fare uno spettacolino e raccontare la vita di un santo. Durante le prove il pubblico si rende conto che c’è un’analogia fra i poveri con i quali vive Francesco e gli ultimi che con un po’ di pazienza possiamo vedere intorno a noi".
Com’era il presepe di Francesco?
"Non prevedeva la messa in scena della nascita di Cristo: c’era la mangiatoia vuota, l’asino e il bue. Francesco voleva mostrare che Gesù era nato in un luogo di povera gente, di poveri Cristi. E che non c’era nessun bisogno di andare a Betlemme per vederli".
Quindi uno spettacolo che riporta alle origini del presepe?
"Non è un racconto che l’attore fa allo spettatore, ma che offre la possibilità di immaginarselo. In scena c’è poco, ci sono i disegni di Francesco Biagioni, un po’ di musica e la voce di mia figlia Agata, che chiude lo spettacolo".
Come chiude?
"Lo spettacolo si apre e si chiude con l’immagine del cielo . “Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare. E neanche vedere tutte quante“. Del resto i frati vivevano nelle condizioni in cui sulla testa non avevano un soffitto. Ma è durato poco. Francesco ora sta in una basilica gigantesca. Persino la Porziuncola, la chiesina alla quale i frati erano molto legati, è all’interno dell’enorme Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi".
Cosa resta allora di quell’insegnamento di Francesco?
"E’ come se ci accontentassimo della piccola conoscenza che abbiamo e che ci saziasse la curiosità. In realtà era un personaggio diverso, pur vivendo completamente la sua epoca: è stato cavaliere, ha combattuto, ha vissuto una vita borghese. Eppure lui non voleva che i suoi frati possedessero qualcosa. Neppure i libri, che all’epoca erano costosissimi, come una Ferrari oggi".
Che senso ha il presepe oggi?
"E’ un senso che non si è svuotatoi. Ci sono presepi che costano migliaia di euro ed è quanto più lontano ci possa essere dall’idea di un poveraccio che oltretutto è nato in un luogo di guerra come ancora sono Betlemme e la Palestina. Io sono ateo e potrebbe non importarmi niente, ma mi sembra comunque una cosa blasfema".
Perché il titolo “Rumba“?
"Perché ci sono momenti dedicati a Chiara, che se vogliamo è un personaggio anche più rivoluzionario di Francesco, in quanto donna. E quando nello spettacolo interviene lei, ho scelto “Rumba“, che è un canto di rivoluzione cantato da anarchici e comunisti durante la Guerra di Spagna".
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