PAOLA FICHERA
Cronaca

Il grossista di carni diventato banchiere E quell’irresistibile scalata partita da Campi

La ’banchina’ come strumento di relazioni e potere, l’ascesa inarrestabile da presidente del Credito Cooperativo Fiorentino Alla festa dei 100 anni dell’istituto chiamò Fiorello. Molte delle vicende giudiziarie sono nate dai suoi affari immobiliari

di Paola Fichera

Giusto i natali di Denis Verdini sono in Lunigiana, in quel di Fivizzano, ma la sua ascesa imprenditoriale e politica parte dalla piana fiorentina, da Campi Bisenzio. Ci si trasferisce da giovane ed è a Firenze che si laurea in Scienze politiche e poi si specializza come dottore commercialista. Lavora anche come importatore di carni e questo in politica gli varrà poi il soprannome di ’macellaio’ o di tagliatore di teste visto che era lui a scegliere i nomi per le liste elettorali di Forza Italia.

La sua ascesa imprenditoriale e politica comincia nel 1990 quando diventa presidente del Credito Cooperativo Fiorentino. La sua, a quella che i campigiani chiamavano ‘la banchina’, è una scalata interna. Diventa presidente a seguito di una crisi che aveva portato la banca sull’orlo del fallimento. Corsi e ricorsi: si parlava di strane manovre con i conti dei clienti. Come molte banche locali della zona la Cassa rurale e artigiana di Campi Bisenzio era controllata da uomini Dc. Per risollevarne le sorti fu deciso di affidarla a Verdini, giovane commercialista entrato da poco nelle grazie di Spadolini (era il suo professore alla Cesare Alfieri) dopo averne sposato, in seconde nozze, la segretaria: la contessa Simonetta Fossombroni da Arezzo, ex annunciatrice di Teletoscana, una delle prime televisioni private in Italia. Intanto la ’banchina’ cresce.

All’apertura della prima filiale, nel confinante comune di Calenzano, sarà proprio Spadolini a presenziare il taglio del nastro. Così per la piccola banca nata nel 1909 in una canonica, che fino a quel momento aveva navigato in acque tanto basse quanto sicure per i piccoli imprenditori agricoli della Piana, è proprio Verdini a fare la differenza. Nei vent’anni in cui sarà il dominus assoluto della banca finanzia l’espansione edilizia nel territorio. Interrogato in un’aula di tribunale spiegherà: "Prima, a venire da Campi Bisenzio a Firenze erano 10 chilometri di praterie. Ora è tutto costruito. C’era una vocazione immobiliare del territorio. E noi ci siamo dedicati". Così la ’banchina’ diventa uno strumento di relazioni e di potere, molte delle vicende giudiziarie in cui Verdini è stato implicato negli anni partono proprio da quegli affari immobiliari con imprenditori che presto diventano fin troppo amici. Nel 2009 il Credito cooperativo fiorentino festeggia i suoi cento anni di vita. Verdini organizza una grande festa e, come ospite, chiama Fiorello. Solo un anno dopo gli ispettori della Banca d’Italia commissariano e mettono in liquidazione coatta la banca. Il tribunale ne ha poi dichiarato l’insolvenza e la sede e i clienti sono stati rilevati al costo di un euro da Chianti Banca.

Per vent’anni però è dalla tolda di quella ’banchina’ che Verdini decide il bello e il cattivo tempo per soci, correntisti e imprenditori. Inevitabilmente per l’intero tessuto economico della Piana.

E’ da qui, quindi, che partono in totale simbiosi la sua avventura politica e quella nel mondo dell’editoria.

Lui sempre in tribunale descriverà quest’ultima come un vero e proprio amore: "Una passione che ho sempre avuto e coltivato, tanto che sono fra i fondatori del Foglio di Giuliano Ferrara". Verdini si è definito "promotore principale", l’organizzatore e il finanziatore principale del Giornale della Toscana fra il 1998 e il 2001, "coinvolgendo nell’impresa un gruppo di amici che ci investirono circa 10 milioni di euro. Ma la piccola editoria non rende, così Verdini crea una cooperativa per attirare fondi pubblici. E’ l’inizio di un’altra vicenda giudiziaria e della fine.