Il diritto alla felicità vale per tutti

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Tutti hanno diritto a essere felici. Già il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, oltre ad abolire la pena di morte, aveva inserito un articolo nel progetto di Costituzione del 1782 che recita: "In una ben composta società tutti hanno un egual diritto alla felicità". Influenzato certo dalla Costituzione della Pennsylvania di poco anteriore (1776) che nel preambolo definiva la felicità un diritto innato e inalienabile. Principio ribadito nel tempo dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, fino all’"Inno alla gioia" dell’Unione Europea e alla risoluzione delle Nazioni Unite del 28 giugno 2012, con la proclamazione del 20 marzo "Giornata internazionale della felicità". Come si può essere felici oggi – è da chiedersi – con quanto accade intorno a noi: le ferite ancora aperte della pandemia; le atroci violenze della guerra in Ucraina e le sofferenze delle popolazioni in tante parti del mondo; la crisi economica globale che moltiplica i "nuovi poveri", non avvezzi a vivere di carità, e affama i popoli più deboli del pianeta; la distruzione inarrestabile dell’ambiente e tanto altro ancora. Dobbiamo tornare nondimeno a pensare in positivo. Ci aiuta la magia del Natale a ritrovare lo spirito della gioia, con il messaggio di solidarietà trasmessoci dalle luci, dagli alberi di Natale, dai presepi che non feriscono nessuno, di nessuna religione, ma mandano un segnale universale di bontà, di superamento degli egoismi, di soccorso nei confronti degli altri. La felicità nasce dalle relazioni, non dall’indipendenza; almeno per quel giorno sospendiamo il guardare avanti a noi e voltiamo lo sguardo intorno, prendiamo coscienza di una realtà meno fortunata che ci circonda, il più delle volte ignorata e tendiamo la mano a parenti, amici, a quanti hanno bisogno. Tutti ci sentiremo più felici. Perché il benessere non si garantisce solo con le leggi, è soprattutto uno stato d’animo, agevolato da fattori esterni e condizionato da valori etici, da sentimenti interiori. La nostra Costituzione non parla del diritto alla felicità, ma intende assicurarne la premessa, ovvero il "pieno sviluppo della persona umana": sì da garantire a ognuno di noi non l’assenza dei problemi ma la capacità di risolverli.

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