"I professionisti ci impoveriscono Ma noi insegniamo la passione"

Malusci, dalla serie A al settore giovanile: "Tempi duri, in tanti si sono disinnamorati del pallone. Una società non fa guadagni, però non possiamo neanche chiedere aiuto soltanto alle famiglie"

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di Iacopo Nathan

FIRENZE

C’è stato un periodo, a cavallo tra gli ’80 e i ’90, in cui la curva Fiesole cantava per il "giovane Malusci", un difensore classe ’72, che ha debuttato in serie A a soli 17 anni. Da quel momento, Alberto Malusci ha collezionato oltre 150 presenze con la Fiorentina, vincendo anche una Coppa Italia e un Europeo con l’Under 21. Oggi si occupa proprio di ragazzi, allenando gli Allievi regionali e gli Esordienti della Rondinella, oltre a essere il responsabile tecnico.

Malusci, che momento è per il calcio giovanile?

"E’ un momento di ripresa, due anni di pandemia ci hanno messo in grande difficoltà. Società e ragazzi erano davvero in ginocchio. Adesso il nostro compito è riuscire a far tornare i ragazzi a giocare, a fargli tornare la passione. I due anni di pandemia ha portato tanti ragazzi a disinnamorarsi. Lo sport insegna tanto, anche a essere metodici, a rispettare degli schemi e ai ragazzi serve molto".

Sono tanti che hanno smesso?

"Fortunatamente da noi sono pochi, ma so che il trend è di varie defezioni. Per questo ribadisco che adesso sono gli addetti ai lavori che dovranno faranno innamorare le nuove leve. Qualcuno è tornato, magari due anni dopo, ma in molti hanno proprio smesso davvero".

Ha conosciuto la Serie A e ora allena tra i dilettanti, quanto sono distanti i due mondi?

"Si tratta di un discorso molto ampio. A livello sportivo il gap si vede tantissimo, si dovrebbe investire molto di più su allenatori e strutture ma è impossibile. Oggi i bambini da 9 anni possono andare in una scuola calcio di una squadra professionista, andando ad impoverire quelle che sono le piccole società. Questo divario fa capire quanto si deve lavorare di più sui ragazzi, sugli individui, su quelle che sono le singole caratteristiche".

E a livello economico?

"Dal punto di vista economico ci vorrebbe un apporto concreto, ma nessuno fa niente per le società dilettantistiche. Andiamo avanti con i genitori, qualche sponsor e poco altro. Diventa difficile mettersi a confronto con realtà più solide e strutturate. In questo modo le difficoltà per le società dilettantistiche diventano sempre più ampie, e si rischia davvero di rimanere soffocati. Servirebbe un aiuto vero e concreto".

Dopo la pandemia, arriva la crisi energetica. Ricadute?

"Dopo il Covid, la crisi si faceva sentire ed era forte. La società, quando finisce l’annata, solitamente arriva in pari, e con gli impianti chiusi è stata dura. Con l’arrivo del caro energetico la vedo dura, saranno mesi molto difficili. La coperta è corta, chiediamo sempre sacrifici alle famiglie, ma non è giusto. Se rincara tutto, le società sono costrette a chiedere un aiuto in più, ma queste povere famiglie non possono essere sempre schiacciate".

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