Haber e il male di vivere di Zeno: "La vita? Né bella né brutta, originale"

Da martedì alla Pergola il camaleontico attore porta in scena il capolavoro della letteratura del Novecento

Haber e il male di vivere di Zeno: "La vita? Né bella né brutta, originale"

Haber e il male di vivere di Zeno: "La vita? Né bella né brutta, originale"

Un enorme occhio in mezzo alla scena guarda il pubblico, almeno quanto il pubblico guarda il palcoscenico. E’ l’occhio della coscienza? Quella di Zeno Cosini o quella di tutti noi? E’ una seduta psicanalitica collettiva? Cent’anni fa Italo Svevo scriveva un romanzo capolavoro, "La coscienza di Zeno", che apriva la strada all’eroe-antieroe dell’età moderna, con la sua malattia del vivere e le sue nevrosi. ll regista Paolo Valerio trasforma le 400 pagine del romanzo in una pièce da un’ora e 45 minuti e l’affida al camaleontico Alessandro Haber, che va in scena alla Pergola da martedì a domenica, produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

Haber, come si trova nei panni di Zeno?

"Per la verità ci ho dovuto riflettere per entrare in questo personaggio. Valerio ne ha fatta una riduzione impeccabile, dove in poco più di un’ora e mezzo mette dentro tutto. Poi all’improvviso ho capito che la difficoltà nasceva dal fatto che Zeno mi assomiglia moltissimo, a cominciare dal suo universo maschile".

Anche dal suo rapporto con l’ultima sigaretta che non arriva mai?

"Beh sì, anche io la considero una specie di amante. E poi c’è quest’idea della vita, che non è né bella né brutta, ma originale. Un concetto che raccogliere tutto: c’è la cattiveria, la dolcezza, l’armonia, il cinismo, la voglia di mettersi in gioco, l’ironia.

Ma chi è in definitiva Zeno?

"Zeno è un personaggio che cade cade... ma non si fa mai male. Uno che si fa scivolare tutto addosso e questa è la sua forza. E’ un uomo che fuma mille sigarette, va dallo psicanalista ma che si accorge che non è affatto malato. Il suo è solo il male di vivere".

Questo testo ha sempre avuto grandi attori: Montagnani, Bosetti, Pambieri, Lionello. Oltre alla sua interpretazione, ci parli dell’allestimento.

"Sembra un film in bianco e nero. C’è un grande occhio in mezzo alla scena che sembra la nostra coscienza. E poi c’è una compagnia di attori fantastici. Non ce n’è uno che stoni".

Lei come si è trovato con la psicanalisi?

"Alla fine tutto è psicanalisi, anche se io non ci sono mai andato dallo psicanalista perché non voglio conoscermi. Io mi riconosco sul palcoscenico e davanti alla macchina da presa. Lì mento sapendo di mentire dicendo allo stesso tempo grandi verità. E infatti con Zeno a un certo punto è stato come se recitassi me stesso, catturassi tutto ciò che mi è successo nella vita e lo portassi a Zeno Haber. In effetti sì, è come una seduta psicanalitica".

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