Cosimo
Ceccuti
Sulla tomba di Giovanni Spadolini, a San Miniato al Monte, non c’è una fotografia, ma una medaglia in bronzo col suo volto, incisa da Bruno Catarzi: estremo saluto degli amici del Gruppo Donatello, che gli avevano attribuito il noto Premio per ben due volte (caso unico dal 1949 ad oggi), nel 1976 e nel 1986. Un legame, quello di Spadolini con quel mondo, risalente agli anni dell’infanzia, allorché il padre Guido, pittore e incisore, era presidente del "circolo degli artisti", in qualche modo precursore negli anni fra le due guerre del Gruppo. Fa impressione vedere i soci – ottanta fra scultori, pittori. fotografi, grafici – impacchettare quadri, cataloghi, medaglie e quant’altro perché sfrattati. Niente andrà perduto del prezioso archivio: temporaneamente ospitato in Villa Arrivabene, nella Parrocchia del Sacro Cuore, all’Affratellamento, in attesa di una nuova sede, pure di spazi contenuti. L’intensa attività infatti si svolge soprattutto all’aperto: si pensi alla variopinta mostra annuale che vede invasa di tele l’intera piazza Donatello. Il circolo, che ricorda ogni 13 dicembre nella cripta di San Lorenzo la morte di Donatello, rappresenta un patrimonio vivo della città, anima e motore di quella piccola Montmartre fiorentina racchiusa nel Quartiere 2, fra il Cimitero degli Inglesi e quello della Misericordia. In quel perimetro ebbero i lori studi Giovanni Dupré e il giovane Modigliani, Niccolò Barbino e Michele Gordigiani; legati all’ambiente De Chirico e Colacicchi, Tommasi, Faraoni e Campeggi. Ecco perché l’aspetto territoriale è prioritario nella ricerca della nuova sede: per non smembrare un pezzo identitario della nostra Firenze. Non siamo davanti a una pur gloriosa reminiscenza storica: il Gruppo collega il rispetto della tradizione alla creatività dei giovani e alle nuove forme di sperimentazione. Insostituibile esempio di associazionismo culturale.