FRANCESCO INGARDIA
Cronaca

Giorgetti si dimette: "Falsità strumentali faccio un passo indietro". Pronto il parere del Viminale

Dopo quattro mesi il consigliere decide di restare a Toscana Energia. La sindaca e il Pd: "Senso di grande responsabilità". Cecilia Del Re aveva inviato l’esposto in prefettura: "Inevitabile ma tardi".

Dopo quattro mesi il consigliere decide di restare a Toscana Energia. La sindaca e il Pd: "Senso di grande responsabilità". Cecilia Del Re aveva inviato l’esposto in prefettura: "Inevitabile ma tardi".

Dopo quattro mesi il consigliere decide di restare a Toscana Energia. La sindaca e il Pd: "Senso di grande responsabilità". Cecilia Del Re aveva inviato l’esposto in prefettura: "Inevitabile ma tardi".

"Ho deciso di fare un passo indietro da consigliere comunale per dedicarmi sempre di più alla presidenza di Toscana Energia". Boom. Ci sono voluti 132 giorni per la detonazione. Ma dopo quattro mesi trincerato dietro a un silenzio che ha fatto solo rumore, Fabio Giorgetti ha gettato la spugna. Nel mezzo, una guerra di pareri legali per aver assunto dal 19 settembre scorso la guida di una partecipata che distribuisce gas naturale, stando al contempo seduto sullo scranno Pd nel Salone de’ Dugento. Ma la sua incompatibilità potrebbe restare solo potenziale. Quantomeno senza verdetto dell’Anac che ancora non era arrivato. Sembra invece già sciolto il quesito chiesto al Viminale direttamente dal segretario generale di Palazzo Vecchio e inviato da Roma a Firenze proprio nelle ultime ore.

La presa d’atto che non si poteva restare in sella si è quindi tramutata in una nota tanto asciutta quanto tagliente: "Lo spirito di servizio per la mia comunità - arringa Giorgetti - mi ha portato a decidere non potendo accettare che la strumentalizzazione politica e la falsità di cui sono stato oggetto negli ultimi mesi possano anche solo minimamente danneggiare l’immagine o l’azione politica dell’amministrazione Funaro. È stata una decisione presa a malincuore ma il mio interesse prioritario sono i cittadini, voglio continuare a lavorare per loro nel ruolo di presidente di Toscana Energia". Ruolo che si traduce, in ogni caso, in 80mila euro l’anno di emolumento. A favor di microfono, applausi a non finire dai ranghi Pd in nome del "senso di responsabilità" mostrato. Dice la sindaca Sara Funaro: "Ringrazio Fabio Giorgetti per il lavoro svolto assieme in questi anni a servizio di Firenze, il suo è un gesto che denota responsabilità istituzionale. Continueremo a lavorare assieme, da presidente di Toscana Energia resta per noi un interlocutore fondamentale con cui collaboreremo, sempre con attenzione altissima".

"Facendo così si è giustamente sottratto alle strumentalizzazioni e polemiche sterili di pezzi dell’opposizione ormai senza più argomenti per attaccare l’amministrazione Funaro", la sponda offerta dall’ex sindaco Nardella. Seguita da quella dei ‘compagni’ di banco dem Innocenti, Balli e del capogruppo Milani. Lo stesso che su La Nazione indicò al Giorgetti la retta via sotto Natale ("Al suo posto, per mia sensibilità, mi sarei dimesso"). Tant’è. "Accogliamo la scelta di rassegnare le dimissioni e con l’occasione tutto il gruppo Pd vuole ringraziare Giorgetti per impegno e dedizione dimostrate in oltre due consiliature". Un arrivederci che sà di pietra tombale anche per una logica tutta politica: il definitivo stop all’iter della delibera di contestazione incardinata dopo la presentazione dell’atto in capigruppo da parte della pasionaria di Firenze Democratica Cecilia Del Re. Che intanto incassa il risultato: "Dimissioni inevitabili ma tardive, dopo mesi di grave imbarazzo per i consiglieri della maggioranza non solo per la incompatibilità conclamata anche dal parere del segretario generale, ma soprattutto per la palese inopportunità politica del doppio incarico". Epilogo della saga? Spazio ora alla prima tra i non eletti: "Bentornata a Patrizia Bonanni", l’abbraccio di Funaro. E, in un colpo solo, abortita la vociferata uscita dall’aula delle forze d’opposizione più titubanti (Italia Viva capofila) al momento del voto segreto per la decadenza, più il rischio zero di un sanguinoso incidente diplomatico nella maggioranza, tra mietitori giustizialisti e franchi tiratori favorevoli alle dimissioni contro gli innocentisti e aziendalisti di partito. La riprova? L’ammissione di un dirigente navigato Pd: "La delibera sarebbe stata una bomba".