ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Firenze Fiera cerca una strada per sopravvivere Ma la Regione dice no all’aumento di capitale

La società partecipata pubblica si è vista negare con una delibera il sostegno dell’ente regionale, socio di maggioranza relativa

di Ilaria Ulivelli

Un futuro stellare, con un presente incerto al punto da minarne la sopravvivenza. Un paradosso evidente, ma reale. Soffre Firenze Fiera, la società per azioni che da gennaio è diventata una partecipata pubblica (prima era controllata) al 32% dalla Regione, al 28% da Camera di Commercio di Firenze e al 10% sia dal Comune di Firenze sia dalla Città metropolitana. Soffre delle perdite pregresse accumulate che ammontano circa a 5 milioni di euro. Soffre perché l’attività fieristica e congressuale con la pandemia ha preso una batosta senza precedenti che solamente i ristori ricevuti dallo Stato, nel 2021, hanno attutito, permettendo di chiudere il bilancio con un rosso di 836mila euro contro i 3,6 milioni dell’anno precedente.

Ma l’annus horribilis rischia di essere il 2022: perché il settore ancora non riparte come ai tempi prepandemia. E saranno dolori se non si dovesse correre subito ai ripari. Nel 2019 Firenze Fiera aveva fatturato 18,5 milioni producendo un utile di soli 110mila euro, segno evidente che la società si mangia la redditività con le spese correnti, con i costi di affitto. Ora, con l’energia alle stelle, sarà peggio. Gli spazi bellissimi e piccoli che Firenze Fiera gestisce (Fortezza da Basso, Palazzo dei Congressi, Palazzo degli Affari) ne fanno un "unicum" ricercato nella cornice nazionale: per fare un esempio a noi vicino, niente a che vedere con la Fiera di Bologna che con i suoi maxi padiglioni fattura 190 milioni l’anno.

Fatte le debite proporzioni è legittimo progettare il futuro con un piano di recupero complessivo da 140 milioni che farà della Fortezza un gioiello, con i lavori (e un investimento da 68 milioni) per i nuovi padiglioni Bellavista e Cavaniglia, e la riqualificazione del Machiavelli, che dovrebbero concludersi nel 2025. E’ legittimo, ma in questo momento è come voler trasformare in un castello una casa senza fondamenta. Prima d’ogni altro passo bisogna pensare a mettere in sicurezza la società o crollerà. I primi sos erano già arrivati a maggio dello scorso anno. Inascolatati. Fatti due conti, Firenze Fiera quest’anno non potrà pagare un milione e mezzo per l’affitto della Fortezza perché non è in grado: la riscossione dovrà slittare al 2025 ma anche questa è una decisione che dovranno prendere i soci pubblici.

Nel piano industriale varato dalla società si indica una ripresa che potrebbe portare a 12,3 milioni il fatturato nel 2022, a 15,8 nel 2023, a 19,2 nel 2024, a 23 nel 2025. Covid permettendo.

Ma bisogna arrivarci, al 2025, superando la difficoltà attuale a pagare le spese. Per questo l’assemblea dei soci ha proposto un aumento di capitale da 12 milioni: una necessità, come ieri aveva raccontato il presidente Lorenzo Becattini nell’intervista a La Nazione. Però la Regione, socio di maggioranza relativa, con una delibera datata 10 febbraio ha detto no, spiazzando i vertici politici e amministrativi della società già lanciata all’esterno per trovare nuovi soci disposti a mettere liquidità.

Un pessimo biglietto da visita il no della Regione per la ricerca all’esterno: come a dire, se non ci credono i proprietari pubblici, perché dovrebbero farlo i privati? In 23 anni Firenze Fiera non ha mai avuto un direttore commerciale, né un direttore generale né un amministratore delegato. E’ stata amministrata quasi sempre da industriali, quindi gente capace a far quadrare i conti. Ora Becattini deve dare anima e corpo alla causa, un "eroe" da 30mila euro lordi all’anno al quale per ora non è stato concesso di ricevere uno stipendio da amministratore delegato. Perché la Regione ha detto no? Già una prima volta, tre anni fa, la ricapitalizzazione da 4 milioni fu negata e ora avrebbe rappresentato un’ancora cui aggrapparsi. Si fanno debiti per stare in piedi, ma poi i soldi dovranno essere restituiti. Se non si investe accrescendo le risorse a disposizione, c’è il rischio di un vero disastro.