REDAZIONE FIRENZE

Fiabe e magia nel ‘Parco delle domande’

"Credo che le fiabe, vecchie e nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi". Scriveva Gianni Rodari che le fiabe hanno un potere mitico sugli esseri umani, rappresentano lo schema di un fatto avvenuto una volta per tutte, e, seppur modificate, continuano ad esercitare un fascino immortale. Chi è adulto le ricorda con piacere, i bambini ne restano incantati, ma a cosa servono davvero le favole? Perché si nascondono in un angolo della nostra memoria così vicino all’inconscio e ai sogni? A queste domande ha cercato di rispondere lo scrittore fiorentino Marco Vichi nel suo ultimo libro, "Il Parco delle domande", edito da KM Edizioni per la collana Liberi Tutti e illustrato da Giancarlo Caligaris. Autore di testi teatrali e di narrativa – tra cui la celebre saga in nove episodi dedicata al Commissario Bordelli – Vichi racconta una storia che vuole essere una riflessione sul senso stesso del racconto, perché tutte le fiabe - antiche e moderne, letterarie e televisive - sono legate da un sottile filo rosso: il piacere della scoperta. La scoperta di chi siamo, dei nostri desideri come dei conflitti interiori più irrisolti: problemi umani universali che le favole suggeriscono, evocano affidandosi all’incisività di immagini e simboli. "Il Parco delle domande" è un tenero viaggio di formazione che attraverso gli insegnamenti trasmessi dal nonno alla nipote Linda si interroga sulla difficoltà di crescere e di conoscere, sul valore dell’ascolto, sulla necessità di osservare ciò che altro da noi con amore, curiosità e rispetto, per imparare a scoprirlo davvero.

Alla maniera delle migliori narrazioni, lo spunto da cui parte è semplice: un nonno e la sua nipotina, appunto nel parco, osservano la realtà che li circonda. Ma la mano dell’autore si svela proprio nel trasmettere un significato importante grazie a una storia facile. Come nelle favole immortali - Esopo, Fedro, Andersen - anche in questo caso gli elementi ci conducono a un contenuto stratificato,Un’educazione allo sguardo che in modo semplice, limpido e colorato svela il fondamento di ogni possibile comprensione del mondo attraverso un’unica, sintetica risposta: "Non lo so".