
Fiesole salva la Festa de L’Unità
Firenze, 17 luglio 2025 – La Festa de L’Unità di Fiesole ha preso il via, con un nome importante, Tomaso Montanari, e un argomento di forte impatto: il “genocidio” in atto a Gaza. Ma quest’anno la kermesse va in scena in formato mini, anzi pocket. Dopo 73 edizioni consecutive, quest’anno la storica kermesse della sinistra rischiava seriamente di saltare, travolta da burocrazia, carenza di volontari e da una crisi politica profonda che ha colpito anche il circolo locale del Partito Democratico, ancora oggi privo di un segretario. A salvare la manifestazione è stato uno sforzo dell’ultima ora, che ha permesso almeno di mantenere viva la tradizione, seppur in forma ridotta. Otto serate al posto delle consuete trenta, e soprattutto un trasloco simbolico: non più nel pratone di Borgunto, simbolo delle grandi feste popolari all’aperto, ma all’esterno della sede cittadina della Casa del Popolo, spazio più contenuto ma logisticamente più sostenibile.
Un ridimensionamento che è anche il segno dei tempi. Ammettiamolo, le Feste dell’Unità non sono più il cuore pulsante della militanza politica, il luogo in cui si discuteva fino a tarda notte tra tortelli e comizi. Da anni ormai si sono trasformate – non solo a Fiesole – in un ristorante estivo con qualche ospite politico di passaggio, dove il dibattito è spesso solo una parentesi tra una grigliata e uno spettacolo musicale. a politica, insomma, è diventata un contorno. Le difficoltà organizzative non sono che il sintomo di un malessere più profondo: l’erosione del senso di comunità, il calo dell’impegno volontario, e una crescente distanza tra partiti e territorio. E la crisi del PD locale, ancora in cerca di guida, riflette proprio questa fragilità.
Nonostante tutto, la festa fiesolana resiste. E la sua stessa sopravvivenza, seppure in formato pocket, è un piccolo atto di resilienza.
Ad aprire ieri la prima delle otto serate, come detto, è stato lo storico dell’arte e rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari, chiamato a parlare, anzi, a denunciare ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza, in Palestina. “Non so se questi eventi siano in crisi perché non partecipavo a una Festa dell’Unità da anni – dice Montanari – forse perché non le ho più considerate manifestazioni politiche. Senz’altro non sono mai stato invitato. Questa volta mi hanno chiamato per parlare della cosa più importante del nostro tempo: il genocidio in atto a Gaza. Ho accettato l’invito perché credo sia un tema spartiacque, per cui sono andato volentieri”.
Per quanto riguarda, invece, il dibattito sul caos che regna nel centrosinistra per le prossime regionali, Montanari non le manda di certo a dire. “Sono colpito dal fatto che non ci sia una discussione seria sulla visione di Toscana. Vorrei che invece dei nomi si parlasse di ciò che va e di ciò che non va, e della ragione per la quale il centrosinistra vorrebbe continuare ad amministrarla. Mi manca questo: quali sono i problemi e gli errori fatti e in quale direzione vogliamo andare? Il nome del candidato non può che essere una conseguenza. E tutto viene raccontato come una lotta di potere nel Pd”.
Ma lo storico dell’arte ne ha anche per Elly Schlein. “Mi avrebbe fatto piacere vederla a Firenze e in Toscana a discutere non solo con la sua base ma con tutti su ciò che c’è da fare, e invece si ondeggia sul fatto che qui c’è una rendita sicura e la paura del fascismo, che a un certo punto verrà tirata fuori. Ma tra questi due estremi ci dovrebbe essere la politica che io sinceramente non percepisco. Il punto non è il fumo ma l’arrosto, e io questo arrosto non lo vedo”.