MANUELA PLASTINA
Cronaca

Nell’Ecuador in guerra: io, fiorentino all’inferno. "Coprifuoco e violenze. Popolo schiavo dell’usura"

Andrea Cianferoni, agronomo e cooperante, vive nel Paese dal 2005. "Bombe, sparatorie e saccheggi qui sono la normalità. Siamo abituati"

Firenze, 12 gennaio 2024 – La vita di un cooperante è sempre un rischio. Il fiorentino Andrea Cianferoni , 49 anni, agronomo tropicalista dell’Università di Firenze, lo sa bene: nel 2004 fu sequestrato nell’isola di Mindanao nelle Filippine a scopo di estorsione. Quella brutta avventura non lo ha fatto desistere dalla voglia di aiutare attraverso la sua professionalità popolazioni che hanno bisogno di fiducia.

Dal 2005 vive in Ecuador, dapprima per un’altra Ong, dal 2017 per Cefa che ha sede a Bologna e progetti concentrati nella zona dell’Amazzonia al confine con la Colombia. Da tre giorni ormai in Ecuador è stato dichiarato il conflitto interno a seguito dell’escalation di violenze delle maras dopo l’evasione del più feroce narcos del Paese, Adolfo Macias detto Fito.

Cianferoni, com’è la situazione?

"Vivo ormai da tempo a Quito con mia moglie, ecuadoriana, e nostra figlia di 10 anni. La situazione si sta lentamente riattivando: dopo il narco-golpe, come definito da Saviano, hanno interrotto vari servizi pubblici, le scuole sono chiuse con didattica a distanza, c’è il coprifuoco dalle 23 alle 5. Anche noi di Cefa abbiamo interrotto le attività di campo, ma la stiamo riattivando con un profilo basso: lavoriamo in province più tranquille, impegnati in progetti in ambito rurale su filiere di produzione per rafforzare le organizzazioni locali a migliorare le proprie capacità produttive".

Avete paura?

"La situazione è così da anni: chi fa il mio mestiere, come me e mia moglie, sa che non troverà mai situazioni semplici. Quanto avvenuto nei giorni scorsi, ha avuto un’eco mondiale per l’assalto in diretta tv, che ha fatto circolare le immagini a livello globale. Soprattutto sulle coste, la violenza è all’ordine del giorno: narcotraffico, estorsioni, corruzione sono la normalità. Bombe, sparatorie, saccheggi avvengono continuamente. Nel 2023 ci sono stati 8.000 omicidi in Ecuador, un Paese che conta 16 milioni di abitanti: è uno dei Paesi più violenti".

Lo Stato cosa fa?

"Ha perso il controllo da tempo. Gli oltre 300 arrestati, 5 uccisi, sequestro di armi, droga e soldi di questi giorni, sono solo una pezza. Servono soluzioni politiche di lungo periodo. Sulla costa, nelle zone più povere, impera il pizzo. Ci sono città come Quevedo dove il 50% dei negozi ha chiuso perché soffocati dall’estorsione. Si acutizza così la crisi e i giovani vedono come unica possibilità l’entrare nelle bande della criminalità".

Avete una figlia di 10 anni, non avete timori per lei?

"Per la classe medio-abbiente e per noi italiani (siamo un centinaio a Quito) è normale mandare i figli nelle scuole private, dove all’ingresso ci sono guardie che chiedono documenti. Su 3.000 ragazzi nell’istituto di mia figlia, solo 3 sono di colore; nessun indigeno. Vivono in una bolla che non rappresenta la realtà del Paese. E questo divide ancor di più la società".

Come cooperanti cosa farete?

"Continuiamo nel nostro lavoro. Molte Ong hanno abbandonato, vittime anche loro dell’estorsione. Con Cefa proseguiamo nel nostro impegno a favore di queste popolazioni".