TITTI GIULIANI FOTI
Cronaca

Diario di Aldo Moro dalla prigionia

Al Teatro della Pergola il lavoro di Fabrizio Gifuni ’Con il vostro irridente silenzio’: fino al 23 gennaio

di Titti Giuliani Foti

"“Con il vostro irridente silenzio“ è I’incipit di una frase contenuta in una delle ultime lettere

indirizzate alla Democrazia Cristiana. É di una bellezza e potenza lessicale inusitata e fa parte di una serie di invettive durissime che Moro lancia contro i suoi ex colleghi di partito che lo hanno destituito nella sua parola e nella sua persona. Gli viene infatti platealmente detto: “Tu non sei Moro, le tue parole sono quelle di un uomo forse drogato, vittima della sindrome di Stoccolma, probabilmente impazzito”". Fabrizio Gifuni presenta così questo suo ultimo, impegnato lavoro che sarà in cartellone al Teatro della Pergola fino al 23 gennaio. Un’ora e 40 minuti – e continua, raramente interrotta, la serie di atti unici a teatro – per riproporre lo studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale dello statista italiano rapito e poi ucciso dalle Brigate Rosse. Un’analisi profonda e sentita con ideazione e a drammaturgia firmate dallo stesso Gifuni.

Su cosa si basa lo spettacolo?

"Sul volume filologicamente aggiornato nel 2019 del carteggio dell’allora presidente della Democrazia Cristiana assassinato dopo 55 giorni di prigionia tra il 17 marzo e il 9 maggio 1978. Il sequestro Moro tenne con il fiato sospeso l’Italia, dolorosamente divisa tra “trattativisti” e intransigenti".

La povertà del pensiero.

" Pensare ci costa fatica e usiamo un numero miserabile di vocaboli. E questa povertà di parole e di pensiero investe anche la politica. Come deve essere un politico? Deve essere una persona che somiglia al vicino di casa? Che ci racconta cosa mangiare, su quale barca sale, a quale sagra va? Oppure è uno diverso da noi perché ha fatto altri studi e al quale abbiamo delegato di fare qualcosa che noi non siamo in grado di fare?".

Risposte?

"Moro non semplifica il suo linguaggio, non si adatta a parlare per slogan, perché la realtà è complessa, spesso un intrigo difficile, e non tutto può essere bianco o nero".

Dunque un ritratto di Moro ma come?

"Lo spettacolo è lungi da essere una canonizzazione di Moro, offre invece un quadro di luci e ombre sulla sua personalità. Luce è quella di un uomo che parla in spirito di verità, ci fa un dono enorme, ci restituisce il ritratto autentico di un Paese e di un periodo storico".

Ma chi è un uomo di stato?

"La parte più scura e più violenta è sempre vera ma dura e racconta cos’è nei suoi aspetti più bui, le sue pagine finali raggiungono un livello di indagine negli abissi delle oscurità dell’animo degne dei personaggi scespiriani".

E Moro?

"Lui stesso confessa di essersi trovato di fronte a vicende talmente abitate dal male da dover distogliere lo sguardo. Mai un uomo politico ha fatto una simile ammissione".