Covid in Toscana, il punto dell'Ars: "Carico importante su ospedali toscani"

Parla il dott. Fabio Voller, coordinatore Osservatorio epidemiologia Ars Toscana Centro

Ambulanza fuori da un ospedale

Ambulanza fuori da un ospedale

Firenze, 22 ottobre 2020 - Il timore più grande nel contagio da covid è la possibile saturazione o il possibile aggravamento del carico di malati sugli ospedali, con conseguenti disservizi per tutto il resto dei pazienti. Ecco le parole del dottor Fabio Voller, coordinatore Osservatorio epidemiologia Ars Toscana Centro.

Dott Voller Cosa è successo negli ultimi venti giorni? E’ sotto gli occhi di tutti che nelle ultime due settimane e mezzo è cambiato decisamente il quadro epidemiologico, in Toscana come in altre regioni italiane. Dopo l’aumento esponenziale dei casi, ora abbiamo un aumento similmente esponenziale dei ricoveri. Per fortuna questo aumento per ora non mette in difficoltà né i ricoveri straordinari, né soprattutto le terapie intensive che crescono in maniera meno decisa. Tuttavia va detto che l’assorbimento della domanda covid sta mettendo abbastanza in difficoltà l’organizzazione dei nostri ospedali, costringendoli ad una veloce riconversione. Sapendo però che noi dovevamo riassorbire tutta la domanda extra covid che si era andata accumulando nei mesi precedenti , a partire dal periodo del lock down. Questo dunque è il momento di maggiore criticità dell’organizzazione, soprattutto per quanto concerne i percorsi ospedalieri. Dall’altra parte, una volta superati i duecento casi al giorno,  è andata in grande sofferenza tutta la filiera del tracciamento che aveva funzionato molto bene finora, permettendoci di identificare ed isolare prontamente i positivi. Oggi come oggi è difficile anche recuperare i dati da analizzare, in quanto sono gli stessi operatori che fanno i tamponi che devono stare dietro tutto l’aspetto burocratico: le guarigioni, le notifiche di quarantena, di isolamento etc. Manca personale, strutture, materiale o cos’altro? Dal punto di vista dei laboratori si agisce bene e i tamponi stanno crescendo progressivamente. Siamo in difficoltà a livello territoriale. Dovevamo programmare meglio. Non mi piace dire ‘ve ‘avevamo detto’ ma da giugno noi evidenziavamo determinate criticità che si sarebbero potute verificare e sulle quali bisognava intervenire. Evidentemente non è stato fatto a sufficienza. Molte cose le stiamo mettendo a punto ora, ma è chiaro che abbiano accumulato un ritardo che si tramuta in una difficoltà oggettiva. E’ cambiata la tipologia dei ricoveri? Le condizioni dei ricoverati stanno tornando ad essere un po’ più gravi, ancora non abbiamo ancora  un numero importanti di polmoniti interstiziali, ma un buon numero si pazienti che hanno bisogno di terapie di supporto come farmaci ed ossigeno. C’è ancora una buona quota di persone ricoverate che potrebbero essere dirottate su strutture low care o alberghi sanitari, e questo va fatto velocemente per dare sollievo al sistema ospedaliero in questa fase difficile. E le terapie intensive? La curva ascendente era attesa perché le serie storiche ci dicono che a partire da settembre la mortalità over 65 cresce e prima ancora cresce il bisogno di cure intensive. La cosa che ci conforta leggermente è il fatto che, come detto,  le TI non crescono ancora nella stessa progressione dei contagiati e dei ricoveri. Sappiamo inoltre di poter mettere a disposizione un grande numero di terapie intensive, per cui siamo abbastanza tranquilli. Tuttavia sappiamo anche che questo andrà a svantaggio di altre situazioni legate alla casistica medica non-covid Che fare? Dobbiamo continuare a fare quello che stiamo facendo in questi giorni: essere più accorti possibili, mascherine dove servono, distanze, evitare gli assembramenti, lavarsi spesso le mani. Queste sono le prime difese dal contagio. Va detto tuttavia che i DPCM non ci stanno aiutando tantissimo… Perché? Ho come l’impressione che si intervenga su punti secondari e non si affrontino in maniera decisa i punti critici del sistema, come ad esempio la questione dei trasporti. Non lo possiamo evidentemente certificare con i dati ma è chiaro che aver portato all’80 la capienza del TPL, senza per altro nessuna possibilità di controllo reale, ha avuto un impatto consistente sull’andamento dell’epidemia.

 

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