"Nel 2011 partecipai a una clinic a Umbria Jazz vincendo una borsa di studio per il Berklee College of Music. Nel 2012 mi sono trasferito a Boston per 6 anni, dove, oltre a quello di Berklee ho conseguito il master in contemporary jazz performance al Global Jazz Institute, poi sono stato due anni a New York e ora eccomi di nuovo a Reggello". Ispirato dalle lezioni con Danilo Perez, Joe Lovano, John Patitucci e Darren Barrett, Cosimo Boni ha registrato il suo primo album da leader. Si chiama "May be - Unable to return", è stato pubblicato su cd e digitale dall’etichetta spagnola Fresh Sound New Talent. E, ora il trentatreenne trombettista di Reggello lo presenta in tour col quintetto, che lo vede alla ribalta con Daniele Germani ai sax, Justin Salisbury al piano, Francesco Ponticelli al contrabbasso e Andrea Beninati batteria. Il prossimo appuntamento è a Firenze. Domenica alle 19 il Cosimo Boni Quintet inaugurerà infatti il festival Move On del Music Pool al Brillante – Nuovo Teatro Lippi. Prima del live, alle 17,30 spazio a una conversazione aperta al pubblico con il compositore e leader dei Funk Off Dario Cecchini.
Cosimo, che effetto le fa ripartire da Firenze?
"E’ un vero piacere. L’esperienza in America mi ha fatto apprezzare ancora di più la nostra scena musicale: per i musicisti sotto i 30 anni è normale ormai fare qualche esperienza all’estero. Ciò arricchisce molto il livello musicale, che anche da noi è molto alto per creatività e tecnica. I giovani sono molto preparati anche nella lettura, nella teoria e ci sono tanti progetti stimolanti in giro".
Che concerto proporrete al Lippi?
"Un live basato in gran parte sulle mie composizioni del nuovo album, ma in versione riveduta e aggiornata, con arrangiamenti che ci lasciano più liberi di improvvisare dal vivo, facendo esprimere a pieno e con creatività i bravissimi musicisti che suonano con me. Mi piace spronare un’evoluzione darwiniana dei progetti live".
Cosa unisce insieme i brani in scaletta?
"L’essere pensati per la performance, vedo i brani come finestre che si aprono non come porte che si chiudono".
Come è oggi secondo lei la scena fiorentina del jazz?
"Viviamo un bel paradosso. A livello di musicisti siamo messi benissimo, in tutte le generazioni. Ci sono musicisti molto versatili, dal free jazz al mainstream. Il problema, più per la stagione invernale, che per quella estiva è che ci sono pochi locali in cui ci si può esprimere quotidianamente. Per questo sono importanti occasioni come questa proposta dal Music Pool di portare la musica creativa in luoghi meno conosciuti. Del resto Firenze è una città aperta alle novità e la risposta del pubblico è sempre stata incoraggiante".