Coronavirus, il rebus dell'imprenditore risultato positivo

Il paziente è tornato il 6 gennaio da un viaggio a Singapore. Ma è passato troppo tempo, e non regge la tesi del contagio in Oriente. Si apre un giallo. Prima di lui si era ammalata la moglie

Laboratorio di analisi del sangue

Laboratorio di analisi del sangue

Firenze, 26 febbraio 2020 - Non regge la tesi del contagio a Singapore. Anche a Firenze, con il primo caso positivo al test diagnostico per coronavirus, scatta, come a Codogno e a Vo’ Euganeo, la caccia al paziente zero. Mentre si ricostruisce la casistica dei contatti per rintracciare le persone da mettere in quarantena obbligatoria: una ventina di persone fra parenti, amici e colleghi, frequentate dall’uomo nelle due settimane prima di avvertire i primi sintomi di quella che credeva essere un’influenza come quella che aveva avuto sua moglie sino al giorno prima.

Lui è un imprenditore fiorentino di 63 anni, titolare di un camping e gestore di uno stabilimento balneare sulla costa toscana: è stato ricoverato lunedì all’ospedale di Santa Maria Nuova e poi trasferito nella notte – dopo che il secondo tampone aveva dato esito positivo, il primo aveva prelevato una quantità insufficiente di materiale organico – nel reparto di Malattie infettive di Ponte a Niccheri.

Il manager del settore turistico ha moglie e quattro figli, ora tutti in quarantena obbligatoria, in attesa dell’esito del tampone. Ma non regge la tesi del contagio a Singapore. Che ora diventerà un rebus da risolvere per il team della Prevenzione dell’Asl Toscana centro. Un’investigazione enigmatica dal momento che la famiglia era tornata dalla vacanza nelle Filippine e a Singapore il 6 gennaio, dunque ben più di un mese prima che l’uomo cominciasse a stare male, il 16 febbraio.

Stando ai tempi canonici dell’incubazione del Covid-19, il termine di 40 giorni sarebbe abbondantemente fuori dalle previsioni. Dunque? La ricostruzione apre un giallo sul luogo di contatto con il virus. Perché prima di lui, in famiglia, ad ammalarsi era stata la moglie. «Io ho avuto una sindrome simil influenzale prima di mio marito, mi sono ammalata il 10 febbraio: quindi oltre un mese dopo il rientro a Firenze», racconta la donna che abbiamo contattato a casa, in quarantena.

Il contagio è avvenuto nel viaggio a Singapore con un’incubazione fuori dai canoni oppure è avvenuto a Firenze o sulla costa toscana? Ora si dovrà ricostruire la catena del contagio. Prima la donna verrà sottoposta a un’indagine per la ricerca degli anticorpi, per vedere, se risultasse negativa al test, se nel sangue c’è traccia della superata infezione. Se fosse stata lei la prima, in famiglia, a essere stata contagiata dal coronavirus, si aprirebbe anche un’altra lista di contatti da sottoporre a quarantena, al momento sono solamente le persone che hanno avuto rapporti ravvicinati con l’imprenditore.

«Vorrei puntualizzare che non abbiamo aziende in Cina e non abbiamo più viaggiato dopo quella vacanza. Abbiamo una vita di relazione come tutte le persone normali. Abbiamo dovuto fornire i nominativi di tutti i nostri amici, che stanno bene, e ricostruire tutti gli spostamenti, ma ripeto che abbiamo avuto rapporti con familiari e colleghi di lavoro. Nessuno di loro a quanto ne sappiamo era stato in zone a rischio contagio», spiega la donna che ha superato la sindrome simil influenzale prima del marito senza particolari problemi. «Non mi ammalo quasi mai. Avevo forti dolori alle articolazioni, un po’ di febbre ma mai alta, un po’ di tosse. Non ho avuto né mal di gola, né raffreddore. Insomma ho superato la fase abbastanza agilmente».

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