Corallo: "Sul fiume Congo tra bufali e banditi ho rischiato di morire"

I lunghi viaggi in piroga, la guerra civile, la Bolivia e finalmente l'Equatore

Claudio Corallo

Claudio Corallo

Firenze, 5 aprile 2020 - "Diciamola alla fiorentina: grullo non mi sono mai sentito, un po' matto sì". Una vita da matti quella di Claudio Corallo, un'avventura intensa ai quattro angoli del mondo. Corallo da giovane pedala da Sesto Fiorentino al centro di Firenze. Gli piacciono le botteghe artigiane, il canottaggio, nuota in Arno. I primi sintomi di un fatale mal d'Africa glieli causano i film di Tarzan con Johnny Weismuller. Dopo il diploma in agraria frequenta l'Istituto agronomico d'Oltremare, a Campo di Marte. Nel 1974 si aggrega a una missione di studio in Zaire. E' la svolta. Non torna a casa. Casa diventa quella che oggi è la Repubblica democratica del Congo.

Dal '79 si mette a coltivare caffè Robusta, resuscitando una piantagione abbandonata. Abita a Kinshasa, dalla capitale ai campi naviga su piroghe a motore e insicuri battelli a vapore per 1650 chilometri su tre fiumi. Durante uno degli sporadici ritorni fiorentini costruisce una barca in garage e la trasporta in Africa. Copre 12mila km l'anno sulle vie d'acqua congolesi. Rischia la vita almeno un paio di volte, sfugge ai bufali e ai bracconieri che lo sequestrano nella foresta. La situazione politica in Zaire si fa da turbolenta a pericolosa. Scoppia la guerra civile, Corallo ripara in Bolivia a tostare caffè ma dopo un paio d'anni il mal d'Africa lo riassale.

Gli hanno raccontato di un pugno di isole vulcaniche, terra fertile, nel golfo di Guinea. Sao Tomè e Principe, il secondo Stato più piccolo al mondo, diventa la sua nuova patria. Ritrova sepolte dalla foresta pluviale le discendenti delle prime piante di cacao che arrivarono dal Brasile nel 1819. Ripulisce il sottobosco, le piante di cacao rifioriscono. Costruisce un'impresa ecologica di successo, esporta ovunque i suoi prodotti, le bibbie del gusto lo venerano, dà lavoro a decine di famiglie di isolani.

"Guadagnano meglio dei progetti di cooperazione internazionale - sorride Corallo orgoglioso - . A causa del clima, in piantagione si resiste 2-3 ore di seguito, ma se i miei contadini tornano a lavorare il pomeriggio è chiaro che guadagnano di più".

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