Centri storici Una legge da far varare

Sandro

Rogari

Il sindaco Nardella torna alla carica sulla questione del centro storico con una proposta apprezzabile nel metodo e nei contenuti. Il metodo fa appello al modello di legge di iniziativa popolare. È una scelta che ha aspetti positivi e negativi. È un ottimo strumento per coinvolgere e sollecitare l’opinione pubblica, ma l’esperienza insegna che tali progetti si sono quasi sempre insabbiati nei meandri di qualche commissione parlamentare. Perché si fa un gran vociferare di dialogo e di partecipazione dei cittadini alla vita del "palazzo", ma poi, al dunque, le porte restano chiuse. Infatti, basta raccogliere 50.000 firme, che, coinvolgendo le amministrazioni di qualche altra città d’arte, è agevole. Ma poi se in Parlamento non ci sono dei gruppi politici che se ne fanno carico, tutto si arena. Questo Nardella, che è fine politico, lo sa bene e quindi dovrà occuparsi di trovare una rete di sostegno preventiva se non vuole che l’iniziativa sia destinata al fallimento. L’iniziativa popolare è una bella cosa, ma solo se si concilia col consenso trasversale dei partiti. Il secondo rischio, che discende dal metodo, è insito negli interessi territoriali che il progetto mira a tutelare. Tutti i comuni i cui centri non verrebbero a godere delle tutele previste per le città d’arte diverrebbero sospettosi, posti di fronte al dilemma di partecipare alla spartizione della torta, o, in alternativa, impedirne la realizzazione. Purtroppo, le Camere sono sede delle scorribande di lobby concorrenti o contrapposte. Queste spesso falliscono gli obiettivi, in positivo, ma hanno un enorme ed efficace potere interdittivo. Poi c’è la questione dei contenuti.

Personalmente concordo con tutti i punti chiave della proposta: dalla limitazione, anche della durata, degli affitti brevi al diritto di prelazione a favore delle botteghe storiche. Mi chiedo, tuttavia, se non convenga concentrarsi su un solo tema, per esempio quello degli affitti e degli abusi a cui si prestano, proprio per evitare di cadere nella trappola dei troppi e contraddittori interessi lesi. Immagino la reazione dei proprietari di immobili al diritto di prelazione. Così si creerebbe una coalizione enorme di interessi contrari e si alzerebbe il rischio di fallimento.

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