Venere di Botticelli sugli orologi Swatch: c’è l’accordo, ma la cifra è top secret

Concessi i diritti di sfruttamento delle immagini al brand svizzero. E così la Nascita di Venere finisce su un quadrante e un cinturino. Le autorizzazioni, chieste e ottenute, evitano un nuovo caso Gaultier

Lo Swatch Nascita di Venere e accanto le creazioni “fuorilegge“ di Jean Paul Gaultier

Lo Swatch Nascita di Venere e accanto le creazioni “fuorilegge“ di Jean Paul Gaultier

Firenze, 19 marzo 2023 – Inaugurata la serie dei più importanti musei del mondo, poteva restare fuori la Galleria degli Uffizi? Ed ecco che sul quadrante di uno degli orologi più pop e più amati da tutte le generazioni, compare un inconfondibile spicchio della Venere di Sandro Botticelli.

Prima di lei, la Swatch aveva già scelto l’arte italiana attraverso un’altra icona di tutti i tempi: Amedeo Modigliani, incastonando fra le lancette il volto di Dedie, prima moglie del pittore cubista Henry Hayden, ritratta da Modì in un dipinto ora di proprietà del Centre Pompidou di Parigi.

Di fanciulla in fanciulla, ecco la dea botticelliana che nasce dalla spuma del mare e a seguire la “Primavera“, due dei capolavori più celebri degli Uffizi, scelti per arricchire la collezione a tiratura limitata.

Ma stavolta non è certo successo un mezzo scandalo come avvenne in occasione della linea dello stilista francese Jean Paul Gaultier, che l’ottobre scorso se n’era uscito con canottiere, pantacollant e miniabiti che avevano impresso scampoli delle due tele del Botticelli. Senza chiedere al museo diretto da Eike Schmidt la ben più minima autorizzazione, né pagato per lo sfruttamento delle immagini a scopo commerciale.

La Swatch invece ha fatto le cosine perbene: ha inoltrato richiesta ufficiale, ha discusso l’uso delle riproduzioni, ha presentato il prototipo e l’intero progetto, compreso l’elenco dei musei che già avevano concesso i loro capolavori per diventare lo sfondo allo scorrere delle ore, fra cui Louvre, MoMa, Centre Pompidou, Thyssen-Bornemisza, Fondazione Magritte, Rijksmuseum.

Ma, elemento ancora più importante forse, la maison svizzera ha fatto un regolare contratto per il pagamento delle ricche royalties richieste dalla Galleria degli Uffizi, così come vuole il regolamento dei beni di proprietà dello Stato italiano.

Ma quanto vale mettere sul cinturino di un orologio in plastica i lunghi capelli biondi della neoplatonica dea del Botticelli?

Non si sa. L’accordo è top secret: "Le Gallerie non divulgano i dettagli dell’accordo", è la laconica risposta del museo fiorentino, che in qualità di istituzione statale, per quanto con autonomia gestionale, dovrebbe rendere noti i profitti del suo patrimonio, come è previsto dal concetto di “amministrazione trasparente“. Se così sarà, lo vedremo in futuro, anche se gli orologi con la Venere e la Primavera sono già in commercio e assai reclamizzati.

Tanto? Poco? Qual è il valore venale della nostra arte? E quali sono i criteri per cui a qualcuno si dice sì e ad altri no? E’ tutta e solo una questione di disponibilità economica da parte del richiedente? O anche un orologio da polso senza troppe pretese può essere un giusto medium per diffondere la straordinaria cultura del nostro Paese?

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