
Renata Dei, classe 1925, ospita in casa Elisa, una giovane volontaria
Firenze, 11 agosto 2022 - La pelle solcata da un trina di rughe, lo sguardo perso nei ricordi, la mente che rielabora il tempo passato. Renata Dei, ex insegnante elementare, siede davanti a una finestra nella stessa casa di Tavarnelle che l’ha vista nascere il 22 settembre 1925.
I suoi occhi incrociano quelli di Elisa Moschini, la giovane che va a trovarla per farsela raccontare quella storia che lei non ha mai vissuto e che è lunga quasi un secolo.
Le loro mani si sfiorano e tra un sorriso e l’altro sfogliano le pagine della vita, si abbracciano, giocano con le parole, si raccontano. È un’occasione per viaggiare insieme nel tempo e farsi compagnia tra ricordi e brivid. "Sono ricordi profondi di piccole grandi emozioni", sussurra Renata mentre tiene le mani di Elisa come a voler trasmettere non soltanto parole, ma anche calore. Come a voler annullare quei tanti anni di differenza. È uno scambio reale, reciproco. Tra chi desidera condividere il proprio passato per non dimenticarlo e quello di chi ama ascoltare per immaginare e conoscere fatti e affreschi di vita vissuta di un passato ormai lontanissmo.
Una accanto all’altra e in questo sussurrare ricordi, ci sono fotografie in bianco e nero che escono dalla memoria.
"Quando insegnavo a Cintoia Alta si stava a scuola dalla mattina alla sera. Fino al sabato. – ricorda Renata – Poi dopo un’ora e mezza a piedi, si prendevano due pullman e finalmente arrivavo a Tavarnelle, a casa, dove mi aspettava mio marito. E poi la domenica ripartivo un’altra volta". La scuola è stata la sua vita, ha insegnato per 43 anni. E anche i ricordi sono legati a quel mondo.
"Quando insegnavo a Bruscoli si arrivava alla Futa la sera, poi la mattina il postino veniva a prendere me e una collega di Pontedera con il calesse. Era dura, era molto costoso spostarsi. Menomale che io non dovevo mandare soldi a casa". Elisa ascolta. Vede le parole di Renata prendere forma in immagini in bianco e nero come un film Neorealista.
"Ho insegnato a Firenzuola, era da poco finita la guerra che lassù aveva picchiato duro. Molti ragazzi vivevano di stenti: non avevano le scarpe e dovevano fare anche 4 chilometri a piedi per venire a scuola. E poi c’era il pericolo delle mine. Quando erano in ritardo ero in apprensione, temevo sempre che potessero averne presa una". Anche Elisa è insegnante. Sembrano mondi lontani anni luce. Ma ascolta per non perdere neppure una sfumatura, riflette, commenta e fa tesoro. "I racconti, le storie di Renata – precisa Elisa Moschini - sono un patrimonio di memoria di grandissimo valore, sono onorata e felice che voglia condividerlo con me". E i ricordi si soffermano sulla differenza dei valori sociali.
"Adesso gli alunni prendono a pedate le maestre. I miei mi chiedevano un bacino", dice Renata. "Un bacino signorina maestra", ripete. "La scuola era tutto per quei ragazzi: avevano rispetto, erano educati, gentili, bravi. I miei ricordi sono davvero molto belli. Ci sono anche tornata dove ho insegnato, a Bruscoli. È tutto cambiato. Allora era appena passata la guerra, oggi sono seconde case tutte sistemate". E poi affiorano sulle labbra e diventano parole le immagini. "Non potrò mai dimenticare quegli allievi così rispettosi e affettuosi, erano capaci di dare lezioni di dignità agli adulti. Se c’era un fiore era per la maestra. Mi hanno dato tanta forza ed energia, da loro ho imparato ad essere una persona dedita agli altri prima di insegnare a leggere e scrivere".
Un sentimento che si contaminava tra maestra e allievi. "La passione era più forte di qualunque altra avversità perché ai rudimenti del sapere nessuno doveva rinunciare". E la maestra Renata non ha mai rinunciato ad insegnare. "Mi dividevo tra il lavoro e l’essere moglie. Ho rinunciato sempre a un concerto o a uno spettacolo perché la mattina c’era da partire per andare al lavoro".