
Rotative sott'acqua: piazza Ghiberti allagata. Sullo sfondo la sede della Nazione
Firenze, 5 ottobre 2016 - «Smette, ora smette per forza», dicevano i fiorentini guardando quel cielo plumbeo che, da giorni, rovesciava acqua sulla città senza soluzione di continuità. «Smette, ora smette per forza», ripetevano gli esperti affidandosi alla forza delle statistiche: «Qui l’ultima inondazione risale al 1844, figurarsi se adesso...». Ma la forza della Natura mica sta a sentire le statistiche. Così anche quella notte fra il 3 e il 4 novembre di 50 anni fa, le nuvole continuarono ad inondare la città e al mattino le spallette del vecchio fiume non bastarono più a contenere quella massa innaturale di acqua.
Erano all’incirca le 10 del mattino quando l’Arno vinse le ultime resistenze disposte dall’uomo e invase la città, penetrando nelle sue parti più basse, devastando e infradiciando tutto ciò che trovava sul suo cammino. Ora: oggi forse parleremo di bomba d’acqua, di un uragano caraibico. Allora avevamo parole più semplici e quell’inondazione devastante diventò da subito “l’alluvione di Firenze“, il più grosso disastro naturale che colpiva la città da più di cento anni. Una tragedia con morti (33 dissero le statistiche ufficiali anche se molti continuano a sostenere siano stati parecchi di più), feriti, e un patrimonio culturale sfregiato in profondità. Solo che...
Solo che allora, insieme alle parole catastrofiche nuove, non c’era nemmeno la tecnologia del presente. Non c’erano internet, smartphone e social media a fare cronaca in diretta e raccontare al mondo la verità in tempo reale. E quella tragedia, capitata in un giorno di festa nazionale dove nessuno sembrava essere al proprio posto (istituzioni e politici in primis), fu sottovalutata da tutti. A sentire tv e governo sembrava quasi che a Firenze ci fosse stata solo una piccola inondazione che aveva danneggiato qualche sottoscala e nulla più. Vergogna. Toccò allora a questo giornale, a un gruppo di redattori e di tipografi coraggiosi e ostinati, gridare al mondo la verità sul dramma di Firenze. Toccò a un direttore con la schiena dritta e un carattere d’acciaio, Enrico Mattei, svegliare il Palazzo con editoriali di fuoco finché il governo guidato da Aldo Moro non ebbe contezza del dramma, decidendosi sei giorni dopo l’esondazione a inviare finalmente i primi soccorsi e quanto necessario a spalare via il fango dalla città.
Ecco, 50 anni dopo quei fatti, ci piace raccontare con una mostra ciò che successe in quei giorni drammatici. Un’esposizione documentaria che si aprirà il prossimo 4 novembre nell’auditorium del nostro giornale in via Paolieri, e che mostrerà le pagine storiche di un giornale che già la mattina del 4 novembre, con l’acqua che aveva invaso mezza città, era riuscito lo stesso a essere nelle edicole per informare sul dramma grazie a una “ribattuta“ impaginata nella notte prima che l’Arno sommergesse il nostro stabilimento.
Un giornale che anche nei giorni successivi, con la rotativa bloccata dal fango, non mancò mai nelle edicole grazie all’aiuto del quotidiano confratello di Bologna, “Il Resto del Carlino“, che ospitò nella propria sede un gruppo di giornalisti e di tipografi fiorentini che non vollero negare così a chi ripuliva la città dal fango con le proprie mani, la voce della “Nazione”. Una voce che riusci a smuovere indifferenze e inefficienze, contribuendo così alla rinascita della città, dimostrandosi ciò che è ancora oggi: un giornale profondamente legato al suo territorio, da diventarne uno strumento a sua tutela. Oggi come allora, tutto ciò ci rende particolarmente orgogliosi.