CLAUDIO CAPANNI
Cronaca

Allarme manutenzione Arno: «No al taglio degli interventi»

D’Angelis: «Non ci sono alibi, spediti per la sicurezza»

MILANO - 14/07/2014 - PALAZZO MARINO - RESPONSABILE DELL’UFFICIO GOVERNATIVO SUL DISSESTO IDROGEOLOGICO ERASMO D’ANGELIS DOPO L INCONTRO CON IL COMUNE DI MILANO SULL EMERGENZA ESONDAZIONE SEVESO - FOTO FURLAN/NEWPRESS

Firenze, 13 novembre 2014 - STOP a lacrime di coccodrillo e alibi: lo scudo contro il dissesto idrogeologico armato pezzo dopo pezzo dal governo Renzi con quasi 9 miliardi di fondi non avrà falle. Nel frattempo però sono vietati gli anelli deboli nella catena di prevenzione ordinaria. Il messaggio arriva dall’«uomo-argine» di Palazzo Chigi, Erasmo D’Angelis a capo dell’unità di missione di Roma contro il dissesto idrogeologico e sottosegretario al ministero delle Infrastrutture. Una bacchettata sulle mani della Provincia di Firenze che ieri da dopo la denuncia del sindaco di Pontassieve sul rischio idrico a Le Sieci, aveva indicato nel taglio di 1 miliardo di fondi della legge di stabilità, la causa del dimezzamento della manutenzione sugli argini dell’Arno.

Nel bacino dell’Arno vivono due milioni e duecentomila di persone, divise in 166 comuni. Cosa manca al nostro bacino per arrivare sano e salvo alla blindatura del 2018?

«L’Arno insieme al Seveso e al Bisagno è stato fra i primi corsi d’acqua di cui il governo si è occupato. La sua sicurezza è in cima alle nostre priorità. Per arrivare al traguardo del 2018 è necessario che ognuno faccia la sua parte. Il nostro messaggio è: abbiamo i fondi e siamo disponibili al 100 percento ad ascoltare tutti gli enti locali».

Il patto di stabilità rappresenta ancora un ostacolo invalicabile per la prevenzione del rischio sulle nostre rive?

«Non si può annegare per il trattato di Maastricht. Abbiamo chiesto all’Europa che le risorse per la manutenzione siano poste fuori dal patto. I fondi per la manutenzione quindi ci sono. Lungo il corso dell’Arno abbiamo davanti 4 anni di cantieri per la costruzione di 4 casse di espansione. A questi si aggiunge l’adeguamento dell’invaso di Levane che deve arrivare a contenere 40 milioni di metri cubi di acqua. In questi giorni stiamo progettando la cantierizzazione col presidente della Regione Rossi. Dopo questi lavori il fiume sarà sicuro. Nel frattempo vietato abbassare la guardia».

E con il problema di arbusti e detriti ingombranti lungo gli argini e nel letto dell’Arno, come la mettiamo?

«I passaggi urbani dell’Arno in Toscana sono tutti sotto controllo, soprattutto quello fiorentino. Su detriti e arbusti vigilia già la manutenzione ordinaria. Lo sforzo in più invece deve essere fatto a monte e fuori dai centri abitati, negli affluenti e canali che come l’Arno hanno una doppia anima con regimi estremi di piena e di magra.

In che modo?

«Dal dopoguerra ad oggi la regione ha raddoppiato la superficie boschiva a causa della meccanizzazione dell’agricoltura. Le aziende agricole infatti erano le prime ad operare un serrato controllo sugli argini dei canali e dei torrenti, il loro spostamento verso la pianura ha fatto venire meno un grande sistema di controllo naturale che oggi manca. E’ li che oggi si deve vigilare».

E i consorzi di bonifica?

«I controlli devono spingersi oltre i reticoli delle piane e andare a monte. I consorzi devono garantire più rigore e il governo se necessario li doterà di maggior risorse».