REDAZIONE FIRENZE

Allarme giovani: «A 12 anni le prime pasticche. Troppo facile incolpare i gestori»

Parla Caldini, storico uomo della notte (fondatore dello Space Electronic) e sindacalista

Pasticche di Ecstasy

Firenze, 13 agosto 2015 - Le cronache estive ci hanno consegnato una drammatica sequenza di tragedie in discoteca (e dintorni). Ecstasy, alcol e una gamma ormai inesauribile di droghe sintetiche si avvicinano ai ragazzi con l’apparenza di caramelle ribelli, con il fascino diabolico della trasgressione. Carlo Caldini è il presidente di Silb Toscana. A lui l’interrogativo più difficile e attuale: come stanno affrontando il problema di droga e alcol i titolari delle discoteche. E quale grado di responsabilità devono avere. Fondatore dello storico Space Electronic di Firenze, Caldini è a capo del sindacato parte della Fipe Confcommercio, che rappresenta e tutela gli interessi generali dei gestori dei locali da ballo.

Muoiono tre ragazzi in meno di un mese per droga e alcol: c’è chi dà la colpa alle famiglie, chi alla scuola, molti alle discoteche…

«Dare la colpa a noi è come lavarsi le mani, alla Ponzio Pilato. La discoteca è un luogo di lavoro e deve essere rispettato. Non è giusto criminalizzarci perché succedono cose che nascono da problemi legati alla società e che riguardano tutti. Ragionare così significa eludere il problema».

Però il primo contatto con la droga spesso si ha in discoteca…

«Quello di cui dobbiamo preoccuparci è perché oggi la prima esperienza con pasticche e altro si fa a 12 anni? Poi ci meravigliamo delle overdose a 16 anni? E’ importante che tutti coloro che hanno rapporti con i giovani affrontino il problema con serietà. Si inizia dai genitori, per poi passare alle situazioni di aggregazione come la scuola».

Tre morti in meno di un mese sono tanti. Come interpreta questo fenomeno?

«Manca la coscienza dei limiti. Prima si andava in discoteca con un altro atteggiamento. Solo i ragazzi più grandi prendevano una bevanda alcolica. Adesso la fase adolescenziale non ha più regole, manca l’educazione del vivere civile e dell’accettare le giuste misure».

Come valuta l’ordine di chiusura del Cocoricò, il locale dove è morto un ragazzo per overdose?

«Non ho gli strumenti per giudicare, ma posso dire che il Cocoricò, se è stato gestito in maniera corretta, doveva avere un sistema di vigilanza interna. Anche se non è facile fare controlli».

Quanto è cambiato il mondo dei locali notturni da quando è aperto il suo storico locale?

«Seguo il mondo giovanile da 45 anni. La discoteca dà un servizio di cui la società ha bisogno: svago e musica sono parte della nostra cultura. E’ un luogo organizzato in maniera sicura e garantita, nel rispetto delle norme. Il personale è qualificato, dal barman agli addetti alla sicurezza».

E’ possibile che il gestore di un locale non si accorga che gira droga nella sua discoteca. O conviene un po’ a tutti fare finta di niente?

«Un gestore non ha niente da guadagnare sull’abuso di alcol e droghe, perché una persona ubriaca o fuori fase crea disturbo e problemi come quelli ormai noti. Ogni locale ha un sistema controllato all’accesso, un punto di frontiera dove chi è palesemente alterato non entra. Non possiamo fare discriminazioni, ma controlliamo tutti. Collaboriamo anche la polizia, ma i pusher sono furbi, mica vengono a spacciare davanti alla discoteca».

Oltre alle droghe, l’alcol…

«Prendere un drink in discoteca costa 8 euro, mentre in fuori, in piazza, si dimezzano i costi. L’accessibilità all’alcol è aumentata. Ci sono anche distributori automatici di ghiaccio. Ci si può fare una bevuta anche da soli, comprando al supermercato gin e acqua tonica. E questo succede in prima serata. Il 70% dell’alcol che si beve avviene fuori della discoteca. La gente entra semi-sobria da noi e basta un cocktail per sentirsi male».

Sono state lanciate dal sindacato iniziative specifiche?

«Abbiamo obblighi imprenditoriali e abbiamo fatto tante iniziative, dalle campagne contro l’Aids e contro l’abuso di alcol, con operatori con l’alcoltest. Quindi attenzione a non spargere lacrime di coccodrillo. Ciascuno assuma le proprie responsabilità e non si scarichi tutto sui locali».