Luminare del Diritto tributario che insegnò alla Facoltà di Economia e Commercio di Firenze, apprezzatissimo da tanti studenti anche per la chiarezza dell’eloquio, il professor Enrico Fazzini, scomparso sabato a 77 anni, resterà impresso ai più per il ruolo d’amministratore giudiziario della Fiorentina cui fu chiamato il 5 giugno 2002, l’anno orribile del fallimento viola due mesi più tardi. Pure Fazzini, gentiluomo di stampo antico, tratto e modi eleganti quanto sobri, non fu certo ‘condannato’ alla damnatio memoriae, la condanna della memoria. Un signore. Troppo grande poi il suo prestigio accumulato prima e dopo il crack viola, la stima unanime nei suoi confronti da parte del suo ambiente professionale, di quello universitario. E di quello giudiziario che si avvalse di lui per più e più consulenze di grande importanza e delicatezza, a cominciare (come curatore fallimentare) della fine (19 gennaio 2005) della Costruzioni Firenze Spa, già Pontello Spa, l’impresa portata dal conte Flavio Callisto Pontello ai vertici italiani dell’industria delle costruzioni.
Fazzini, fu chiamato al capezzale della Fiorentina (con revoca degli amministratori) con l’improbo compito di risanare la società viola. Incarico ricevuto dal presidente del Tribunale civile su richiesta della procura: nell’ambiente erano ben note la sua competenza e il suo rigore, mai esercitati o esibiti con asprezza e vanagloria. Aveva una risposta per tutti, una gentilezza per tutti. Il rispetto per tutti.
Ci provò, Fazzini a salvare la Viola, facendola ripartire da una B dignitosa. Si buttò nell’impresa con serenità e convinzione anche se la situazione era disastrosa. Mancavano anche i 70 incassati l’anno prima, nel 2001, dalla cessione di Batigol alla Roma. Col bilancio in forte passivo e l’iscrizione al campionato cadetto a forte rischio, si accordò con Galliani (Milan), Giraudo (Juve) e Moratti (Inter) che per salvare – dissero – "una società patrimonio del calcio italiano", misero a disposizione dell’amministratore giudiziario 7.746.000 euro (15 miliardi in lire) per far fronte alle scadenze più immediate. Come? Acquistando due giovani difensori, Moretti e Ceccarelli, dividendo la compartecipazione con l’Inter.
Non poteva bastare. E non bastò. Occorrevano decisi ‘segnali’ da Vittorio Cecchi Gori, l’aumento di capitale i pagamenti più impellenti, 19 milioni. Arrivò al più la fideiussione di una banca colombiana... Né andarono in porto operazioni di salvataggio, la vendita di quote del club tramite una banca, aste giudiziarie. Il 1 agosto 2002 il consiglio federale non iscrisse il club gigliato alla B.
giovanni spano