EMANUELE BALDI
Cronaca

Abbracci, foto, caffè al bar. E palleggi infiniti. Quando Maradona dribblò tutta Reggello

Nel 1984 il Napoli del Pibe de Oro, in ritiro in Valdarno, sfidò la squadra locale davanti a ottomila tifosi azzurri in estasi: finì 9 a 0 . I ricordi dei ragazzi di allora: "Diego? Pazzesco. Allegria e classe mai vista. Con Bertoni palleggiò per un quarto d’ora di fila"

Diego Armando Maradona (Ansa)

di Emanuele Baldi

Calzettoni vintage, jeans appicccati alle cosce, Madonna che impazza alla radio con Like a Virgin, profumo di pizza la sera, profumo di paese, di notti senza fine. Agosto 1984, Reggello, un’altra era, faccenda analogica, altri mondi, spesso sognati da ragazzi sulle prime televisioni granulose a colori, ciondoloni sulle seggiole con la plastica gialla del bar.

Arriva qui, con quella faccia da indios beffardo, quella gambe tozze e magiche, un canestro nero di capelli in testa, Diego Armando Maradona. Non è ancora la Mano de Dios che vendicherà l’Argentina contro la Perfida Albione al Mondiale ’86, non è ancora il dio laico di una Napoli sgarrupata e languida, capitale del mondo a livello emozionale. Ma è pur sempre il fenomeno che arriva da lontano, dal Barcellona, dai blaugrana, dalle Ramblas.

E con lui arrivano una bolgia di napoletani, una carovana scombinata e allegra che dorme in piazza e va giù di fiaschi di vino di giorno. Il Napoli è in ritiro in Valdarno, ai primi freschi di Reggello. Una Reggello che negli anni Ottanta era un punto di riferimento per tante squadre, l’Avellino, la Reggina, il Genoa, la Pistoiese, l’Empoli, la nostra Fiorentina e il lontano Catanzaro, l’aria giusta da queste parti per smaltire le tossine. L’onda d’urto partenopea sconquasso la quiete estiva del paese. Tutti lì per ammirare il loro campione, l’uomo dei sogni che ancora erano lontani da realizzare. E Diego, con il sorriso del sud del mondo ancora lieto e svelto, lontano anni luce dalle smorfie degli anni a venire, figlie di un voglia di autoincendiarsi tanto folle quanto testarda.

"Sgassava con l’euforia di quegli anni la sua Maserati, ma spesso tornava anche a piedi all’albergo Italia di piazza Potente. – ricorda un ex ragazzo del paese – Mi ricordo che era un ciclone, si fermava a chiacchierare con tutti, sorrideva sempre. Anche se la sciurezza lo marcava stretto".

Quando i partenopei sfidarono i ragazzi del paese nella sgambata di allenamento lo spiccio manager azzurro Antonio Juliano si fece subito intendere. "Ragazzi, quando ha la palla Diego guai a chi gli sfiora una caviglia, ci siamo capiti?". Con quello che erano costate. Ma che emozione per quesi ragazzi trovarsi di fronte a quei giganti.

"Maradona e Bertoni palleggiarono per un quarto d’ora di fila, di testa, di tacco, di spalle. Una roba da marziani, mai più vista" racconta Marco che difese la porta del Reggello. Ma perché il Napoli venne ad allenarsi qui? La squadra di Ferlaino stava facendo il ritiro a Castel del Piano, sul Monte Amiata con l’allenatore Rino Marchesi, che come tecnico aveva iniziato la carriera nel Montevarchi.

La Resco Reggello capeggiata dai dirigenti Mori, Merli, Fringuelli, Gabelli e dal diesse Paolo Rossetti, si offrì di ospitare il Napoli per proseguire la preparazione. Furono tre giorni di emozioni.

Il 17 agosto ottomila persone gonfiarono oltre ogni logica il piccolo impianto sportivo del paese. Lo spettacolo fu eccezionale: Maradona segnò due gol e mise in mostra tutta la sua carrozzeria calcistica in un’estasi collettiva. Per la cronaca il Reggello – che partecipava al campionato di Promozione – ed era allenato da Alessandro Priami. In campo fu schierata una formazione rimaneggia, mentre fra i pali, Marco si alternlò con un certo Massimo Nenci che divenne poi un ottimo numero 1 con una carriera brillante anche come allenatore dei portieri, uomo di fiducia di Maurizio Sarri. Ma non è finita.

A proposito, piccola postilla. Sarri, allora 25enne tesserato con il Grassina, era sempre presente agli allenamenti. Sul taccuino prendeva un appunto dietro l’altro. Un predestinato.

(ha collaborato Giovanni Puleri)