EMANUELE BALDI
Cronaca

"Abbiamo cucito la storia. Ora il Covid ci ha uccisi"

A un passo dalla chiusura l’antica Sartoria Antonietta al Ponte alla Vittoria. aperta nel 1952. Dai lavori per ’I vitelloni’ di Fellini ai costumi del Calcio Storico.

di Emanuele Baldi

Quel delirio a metà strada tra il sogno e la veglia, fecondo di colori, di suoni. Quell’allegria disperata, sgargiante e triste come un clown allo specchio. La scena del carnevale de ’I Vitelloni’ di felliniana memoria ha un marchio fiorentino di cui non tutti sono al corrente. Lo spezzone di quel capolavoro, rimasto cucito nella memoria collettiva di intere generazioni, fu girato al teatro Goldoni.

Ma c’è di più. Dietro gli sfavillanti abiti di scena c’erano delle mani di casa nostra, tanto abili quando tremanti d’emozione, quelle della giovane Antonietta che aveva appena dato vita a quella storica sartoria, nata nel 1952 in via dei Cerchi e più avanti trasferitasi in via Baccio Bandinelli, che porta il suo nome e che da quasi settant’anni veste con materiali di prima scelta da Katia Ricciarelli al giovanotto della Festa Rinascimentale di Vicarello.

Ma soprattutto gli interpreti della tradizione più amata dai fiorentini, il Calcio Storico.

Si è cucita la storia in quel negozio ma oggi è rimasto l’ago ma è sparito il filo volato via con una crisi che sembra infinita. "Siamo in chiusura e per noi è un dolore immenso" dice Monica, figlia di Luana e nipote di Antonietta. Il mondo, dice la donna, è cambiato, mutato, stravolto.

"Il mondo che abbiamo conosciuto noi non esiste più , ormai tutti cercano il risparmio, anche se la qualità è scadente" scuote la testa. E così gli affari calano. Lentamente, inesorabilmente. E imboccano la strada del precipizio con l’arrivo del Covid.

"Tutte le feste dei borghi toscani che si rivolgevano a noi per i costumi sono state annullate e chissà ce mai torneranno nel 2021. Per noi, così, senza uno straccio di aiuto dallo Stato, diventa difficilissimo, quasi impossibile andare avanti".

Uno spiraglio resta, ma giusto quello. Più probabile che nella voragine dei nostri tempi rotoli giù anche quest’ultima, grande eccellenza fiorentina. "Abbiamo lavorato con i più grandi – dice Monica – Quando nonna Antonietta s’innamorò di questo lavoro fioccarono commissioni e via con lustrini, piume, vestiti da varietà, richieste da grandi città come Milano, poi dall’estero".

Purtroppo, riflette Monica, "Firenze ha fatto una scelta precisa nel tempo e cioè quella di votarsi al turismo dei grandi numeri e di bassa qualità. Io sono nata in via de’Neri, che oggi è la via dei panini. Quando ero piccola c’era perfino l’uccellaio, pensi lei. E poi la banca, le farmacie, quattro mesticherie, le macellerie. Era come un piccolo paese. Oggi ormai...".

Il curriculum della Sartoria teatrale Antonietta, specializzata in costumi per rievocazioni storiche di tutte le epoche,opere teatrali, liriche e film in costume, è roba da inchinarsi. Si va dalla realizzazione per il Comune di Firenze del Gonfalone Storico presente nella Salone dei Cinquecento ai lavori per la rievocazione della disfida di Barletta, dagli abiti per la nell’Othello al contributo per i costumi per la messa inscena del Flauto magico di Mozart a Vienna nel 1997.

"Le cose sono cambiate con il tempo, – stringe le spalle Monica, una vita per la sartoria – quest’emergenza sanitaria ci ha dato la mazzata finale. Cosa facciamo ora? Francamente non lo so nemmeno io". L’epilogo più triste è dietro l’angolo, d’accordo, ma sperare in un lieto fine non costa nulla. Questa storia inizio con i balli e i colori di Fellini, giusto? Beh, non è forse lui che c’ha insegnato a sognare?