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L’Università di Firenze per Montale: incontro a Roma per i 100 anni di Ossi di seppia

Su iniziativa del Senato della Repubblica, appuntamento nato dalla collaborazione tra dipartimento di Lettere e filosofia e Gabinetto Vieusseux

In foto: Francesca Castellano

In foto: Francesca Castellano

Firenze, 16 giugno 2025 - L’Università di Firenze, insieme al Senato della Repubblica e al Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, celebra la figura di Eugenio Montale a cento anni dalla pubblicazione della sua prima opera: Ossi di seppia. Martedì 17 giugno, nella sede della Presidenza del Senato della Repubblica (Palazzo Giustiniani, via della Dogana Vecchia 29, Roma – ore 15) verrà ospitato l’incontro “Eugenio Montale e i cento anni di Ossi di seppia”.

L’appuntamento nasce da una stretta collaborazione tra il Dipartimento di Lettere e Filosofia di Unifi e il Gabinetto Vieusseux, istituzione che Montale ha diretto dal 1929 al 1938. L’evento si colloca in un anno particolarmente significativo: non solo il centenario della pubblicazione di Ossi di seppia, ma anche il cinquantesimo anniversario del conferimento del Premio Nobel, avvenuto nel 1975. Si svolge su iniziativa del Senato della Repubblica, di cui il poeta genovese era stato membro con la nomina a senatore a vita nel 1967 da parte del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Ad aprire l’evento, con i loro saluti, saranno la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, promotrice dell’iniziativa, il presidente del Gabinetto Vieusseux Riccardo Nencini e la sindaca di Firenze Sara Funaro. Tra i numerosi interventi in programma, anche quello portato da Francesca Castellano, docente Unifi di Letteratura italiana, dal titolo “Ossi di seppia, cento anni dopo”. “L’incontro si inserisce in una lunga tradizione di studi montaliani dell’Ateneo fiorentino, che annovera, tra gli altri, Giuseppe De Robertis, Gianfranco Contini (amico di Montale e critico di «lunga fedeltà»), Lanfranco Caretti, Mario Martelli, Rosanna Bettarini – afferma Castellano –. Si deve proprio a Rosanna Bettarini e a Gianfranco Contini la cura dell’edizione critica delle poesie e delle traduzioni (L’opera in versi, Torino, Einaudi, 1980). L’attenzione all’opera in versi e in prosa di Eugenio Montale prosegue ancora oggi con alcuni importanti progetti di ricerca, tra i quali di grande rilievo il progetto PRIN 2022 Letters on the net. Eugenio Montale’s correspondence (1915-1981), in collaborazione con le Università di Genova, Pisa e Siena”.

Del resto, il legame tra Montale e la città di Firenze è profondo. Il poeta arrivò nel capoluogo toscano nel 1927 e vi rimase stabilmente fino al 1948. Venne sepolto, per sua volontà, nel cimitero di San Felice a Ema accanto alla moglie Drusilla Tanzi. “Il mio intervento – spiega Castellano – è dedicato alla prima raccolta poetica di Montale, Ossi di seppia, che vede la luce nella seconda metà di giugno nel 1925, nelle edizioni Piero Gobetti di Torino. Si tratta di un esordio folgorante, destinato a imprimere, con il suo atteggiamento antiretorico e il suo timbro «scabro ed essenziale», una significativa svolta nella storia della poesia italiana del Novecento, pur non operando alcuna vistosa rottura con la tradizione più recente. A nessun poeta del Novecento italiano si possono ascrivere un’azione per durata e profondità pari a quella esercitata da Eugenio Montale. Il poeta genovese, infatti, occupa un ruolo centrale nella letteratura del secolo scorso, non solo in Italia, ma anche in Europa.” La traiettoria di Montale attraversa quasi interamente il Novecento: dal 1925, anno della pubblicazione degli Ossi di seppia, fino al 1980 con l’uscita de “L’opera in versi”. La sua poetica esercita un influsso profondo, duraturo, trasversale. Non si tratta soltanto di un’influenza formale, ma anche di un rapporto nuovo tra io lirico e realtà.

“Il tempo della storia italiana in cui Montale scrive la maggior parte delle liriche che confluiranno negli Ossi di seppia – conclude la docente – è quello dell’affermazione del fascismo e, benché il poeta abbia sempre negato un vero rapporto della poesia con la Storia, non è affatto arbitrario vedere nell’atonia, nella totale disarmonia con il mondo una nuova, originalissima declinazione del leopardiano “male di vivere”. Tuttavia, a partire dagli esordi Montale manifesta una fede profonda nella poesia come gesto vitale e esile strumento di resistenza di fronte a quel male. Siamo di fronte a una testimonianza, viva anche dopo un secolo, di quanto la letteratura possa insegnare agli uomini, e in particolare ai giovani, una lezione ardua e mirabile quella della lucida solitudine di Montale, essenziale per difendere lo spazio della “decenza quotidiana” tante volte rivendicato dal poeta”.