
Una foto di scena
Firenze, 6 novembre 2019 - E’ la più famosa lettera in sei parti, che comprende prologo ed epilogo della letteratura mondiale: la scrive l’anziano imperatore Adriano a Marco Aurelio, suo amico nonché erede al trono. L’imperatore romano racconta pagina dopo pagina la sua vita pubblica e privata, il suo amore per le arti e per il giovane amante. ll racconto epistolare che è in scena alla Pergola chiude con «Animula Vagula blandula», il nome del primo capitolo. E parte al contrario, dalla narrazione cronologica interrotta da flashback e ricordi. Dimenticatevi completamente l’«Adriano» di Giorgio Albertazzi: nonostante la regia sia la stessa, e cioè di un maestro come Maurizio Scaparro. Lo spettacolo che ha debuttato l’altra sera al Teatro della Pergola – e che sarà in scena fino a domenica – è completamente un’altra cosa.
Un monologo, forse nato come lettura, interpretato da un bravo, rodato e amato attore come Pino Micol. Ma anche il suo «Adriano» deve sopportare una malattia incurabile che gli compromette la salute fisica e gli preannuncia razionalmente la fine dei suoi giorni. Per questo decide di ripercorrere gli avvenimenti più salienti della sua vita, a cominciare dagli anni dell’infanzia. Inizia a parlare di sé, dei suoi interessi per l’astrologia, la filosofia e tutte le forme di arte. Un testo, «Memorie di Adriano» scritto da Marguerite Yourcenar, che è una voragine verso il nostro io più ignoto, un tuffo nel buco nero dell’anima dei sogni, dei desideri, dei pensieri, che ci porta per mano a riflettere anche sul nostro momento storico, indicandoci forse uno spiraglio di speranza. Uno spettacolo sempre importante per ridare luce sulla scena alle gesta e ai pensieri dell’Imperatore Adriano, vissuto nel I secolo d.C. e restituito a nuova vita. Sul palcoscenico Pino Micol cadenza i suoi pensieri sedendosi e rialzandosi da una poltrona, ora portandosi verso la ribalta, ora abbandonandosi.
E così, con grande pacatezza, delinea la storia di questo uomo glorioso, imperatore stupendo che è anche un poeta, amante delle arti e della socialità, vicino ai desideri del popolo. Micol dà corpo a questa figura memorabile, anche se – il dubbio ce lo lascia – non sappiamo se nella realtà lui, Adriano fosse davvero così fino in fondo. E si capisce che Micol rappresenta l’immaginazione della Yourcenar che ci ha trasmesso questo ritratto ideale, e che è altro da lui. Micol in scena è pacato in qualche modo come a prenderne le distanze. Un’interpretazione colta, lineare senza sbavature: diciamo più a «togliere» che a «mettere». In scena anche i bravi Federico Ruiz, Evelina Meghnagi, Arnaldo Vacca, Cristiano Califano; i costumi e l’allestimento di Lorenzo Cutùli la regia di Maurizio Scaparro, con il sempre prezioso regista assistente Ferdinando Ceriani. Applausi al finale, dopo poco più di un’ora di spettacolo.