"Empoli, la mia vita". Rebecca Corsi racconta il suo mondo azzurro

La figlia del presidente ricopre il ruolo di responsabile marketing all'interno del club. "Cresceremo ancora"

Rebecca Corsi

Rebecca Corsi

Empoli, 21 agosto 2016 - "Restare in serie A più di quanto sia riuscito a fare finora". E’ l’obiettivo che Rebecca Corsi, 28 anni a settembre, faccia pulita, determinata e sensibile quanto basta, vede per il suo Empoli. Una società di cui è "figlia", dove ha iniziato a muovere i primi passi. Prima accanto al padre Fabrizio, presidente da oltre vent’anni, ora con le sue gambe. E’ responsabile marketing: suo lo zampino nelle divise che i giocatori indosseranno come le decisioni sull’immagine del team che stasera, guidato dal "bello guaglione" Martusciello, si avvia a un’altra serie A.

Senta, mai nessun dubbio sui colori per i quali fare il tifo?

 "Mai. Ho sempre tifato Empoli. Anche se ho maturato qualche simpatia, temporanea, per le squadre dei miei fidanzati".

Possiamo chiederle quali?

 "Inter e Juventus. Ci vuole coraggio? (sorride...). Ripeto, il mio cuore è sempre stato e sarà azzurro. Poi c’è la stima professionale verso i club di qualità, i modelli".

E veniamo al calcio, il suo lavoro...

"Fin da piccola, la mia idea fissa era far diventare una passione il mio lavoro".

Direi, missione compiuta. No? 

"Lo sarà quando riuscirò a essere ciò che è oggi mio padre. E’ ciò per cui sto lavorando, sperando di crescere e guadagnare competenze e fiducia".

E’ dura essere la ‘figlia di...’?

"E’ dura togliersi l’etichetta. Cerco di dare il massimo e imparare. Stare gomito a gomito con chi vive questo ambiente da decenni è una bella scuola. Il mio primo giorno in ufficio? A inserire i costi aziendali nel gestionale".

I suoi errori pesano? 

"Mio padre è molto esigente con me, credo sia una questione genitore-figlia. Sa tanto, ma ha poca pazienza. E nei mesi, pochi pure quelli, trascorsi in azienda (la Cg Studio che produce capi in pelle, ndr) eravamo cane e gatto".

Diplomata al Polimoda in marketing: che c’entra con il calcio?

 "Le strategie di comunicazione sono pressoché universali. Certo il settore dove opero con Gianmarco Lupi da qualcuno è inteso quasi come semplice ‘abbellimento’. Ma è di più. E’ strategia".

E’ determinata a farsi valere...

"Certo (sorride...). Un esempio? Mio fratello a Praga ha visto in un negozio una matrioska ‘vestita’ da Empoli. Per me è sintomo di un brand che cresce, per altri...".

E quindi come si trova alla scrivania di Monteboro? 

"Bene, ho spazio per esprimere me stessa. Anche se capisco possa sembrare un paradosso".

Nonostante sia una donna?

"Vorrei che la gente non notasse il fatto che son donna e il mio cognome. Ho l’ambizione per riuscirci".