
Zio a processo per omicidio colposo Il giudice: "La sofferenza è già una pena"
CASTELFIORENTINO
Potrebbe essere la tragica morte di Nertil Bushi, il 27enne operaio che perse la vita cadendo da un altezza di quasi dieci metri in un capannone di Castelfiorentino nell’estate del 2019, ad introdurre un importante cambiamento nel nostro ordinamento giuridico. Il giovane, all’epoca dei fatti, si trovava sul cantiere insieme ad un altro operaio e allo zio, Dritan Bushi, finito sotto accusa per la morte del nipote, che stava lavorando al nero. Mentre il proprietario committente è già stato condannato in rito abbreviato, per lo zio della vittima il processo potrebbe fermarsi. Il giudice della prima sezione penale del tribunale di Firenze, Franco Attinà, ha infatti accolto l’eccezione presentata dall’avvocato Mattia Alfano e rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
"Sostanzialmente – spiega il legale fiorentino – il mio assistito era sotto processo per la morte del nipote. La mia eccezione è stata accolta, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, in quanto, anche se ci fosse stata responsabilità, nel caso di colpa modesta il giudice può fare un passo indietro. La sofferenza per la grande pena subita è già sufficiente per non determinare una condanna penale". L’avvocato Alfano spiega che ci sono dei casi di reati colposi "in cui è illogico che il giudice non abbia un 529 sulla pena naturale. Tradotto, non si lasci allo stesso giudice la valutazione discrezionale sull’opportunità di perseguire penalmente dei soggetti imputati che siano anche vittime dei reati per i quali sono sotto processo, perché la sofferenza per le conseguenze del reato sono già una pena sufficiente. Pensiamo – specifica l’avvocato – a tutti i genitori condannati per la morte dei figli in incidenti o dimenticati sui seggiolini".
La richiesta del legale ha dunque trovato accoglimento da parte del giudice fiorentino che scrive: "Quanto alla condanna dell’imputato per i reati colposi contestatigli – si legge nel dispositivo – pare necessario il pronunciamento della Corte Costituzionale in ordine alla legittimità costituzionale dell’articolo 529 del codice di procedura penale, nella parte in cui, nei procedimenti relativi a reati colposi, non prevede la possibilità per il giudice di emettere sentenza di non doversi procedere allorché l’agente, in relazione alla morte di un prossimo congiunto cagionata con la propria condotta, abbia già patito una sofferenza proporzionata alla gravità del reato commesso".
Attualmente l’ordinamento italiano non contempla alcuna possibile rilevanza della pena naturale, se non nei limiti generali del possibile riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o nell’ambito delle commisurazione giustiziale della pena. Viceversa, si tratta di un istituto presente in numerosi ordinamenti stranieri. Il caso più noto è quello del codice penale tedesco, dove si prevede che il giudice si astenga dall’infliggere la pena (che non superi un anno di detenzione) se le conseguenze del fatto che hanno già colpito l’autore sono così gravi che la pena risulterebbero manifestatamene inappropriata. Anche l’ordinamento svedese prevede che il giudice possa applicare una pena ridotta o possa annunciare la remissione della sanzione se è “chiaramente irragionevole imporre una sanzione“. Sollevata la questione di legittimità costituzionale il giudice del tribunale di Firenze ha così sospeso il giudizio nei confronti dello zio della vittima e attende il responso della Corte.
Irene Puccioni