Vernice su Palazzo Vecchio "Noi disobbedienti non ci fermeremo"

Parla l’attivista empolese di Ultima Generazione che venerdì ha imbrattato i muri dello storico edificio. Giordano Stefano Cavini Casalini era anche nel corteo che sfilò per la città per dire no al gassificatore.

EMPOLI

Di battaglie ne sta combattendo molte in nome della salvaguardia del Pianeta. Era anche nel lungo serpentone che lo scorso 26 novembre attraversò la città per dire no al maxi impianto di riciclo dei rifiuti che Alia voleva realizzare al Terrafino. Ma sopratutto era venerdì mattina davanti a Palazzo Vecchio con in mano un estintore a imbrattare di vernice lavabile il "simbolo del potere, la sede fisica delle istituzioni che dovrebbero difendere i cittadini".

Lui è Giordano Stefano Cavini Casalini, 32 anni, empolese, operatore socio sanitario ed eco-attivista che mentre metteva in atto la sua protesta veniva placcato dal sindaco Dario Nardella e ripreso dalle telecamere. Nonostante le denunce verbali – "barbaro, incivile" lo ha definito Nardella – e formali – gli sono stati contestati i reati di imbrattamento a edifici di rilevanza culturale o paesaggistica, la manifestazione non autorizzata e il mancato rispetto del precedente foglio di via emesso dal Questore per tre anni, perché non è la sua prima volta – il giovane non si dice pentito. Anzi. Spiega le sue ragioni e annuncia che la "disobbedienza civile non violenta contro il collasso ecoclimatico" andrà avanti, anche "con queste modalità forti per raggiungere l’obiettivo della compagna ’Non paghiamo il fossile’ promossa da Ultima Generazione".

"Il Governo Italiano nonostante la dichiarazione di emergenza climatica – spiega il 32enne che fa anche parte del centro sociale empolese Intifada – continua a venir meno al proprio dovere. Le nostre amministrazioni dovrebbero abbandonare il più velocemente possibile l’energia fossile, invece, disinteressandosi dei problemi, continuano a investire per il proprio profitto, fondi pubblici in opere inutili e dannose". Sempre in nome del denaro, secondo l’empolese, "la politica locale ha messo a rischio la salute dei cittadini". Il dito è puntato contro la nota vicenda del keu sotterrato nel rilevato della strada 429. "Per denaro sono giunti perfino ad avvelenare la terra dove ho sempre vissuto – afferma – Mi sembra impossibile che tutti fossero all’oscuro di ciò che stava accanendo. Io che ho una figlia di otto anni e che lavoro con persone che cercano di riprendersi la loro vita attraverso un percorso faticoso ho il dovere di ribellarmi per difendere il loro e il mio futuro. Il mio è un impegno sociale e civico". L’attivista conosce i rischi del ’mestiere’. "Siamo cittadini che si auto organizzano. Scegliamo l’obiettivo ed entriamo in azione. Prima ci consultiamo con gli avvocati vicini al nostro movimento: spieghiamo quello che vogliamo fare e loro ci illustrano quello a cui andiamo incontro. Le denunce? Ci penso, ma è più importante la lotta che porto avanti".

Irene Puccioni