
Stragi nazifasciste. La famiglia Castellani e lo stop ai risarcimenti: "Schiaffo alla memoria"
Aveva sei anni quando suo babbo fu deportato nel campo di concentramento di Gusen. Franco Castellani lo ricorda bene quell’ultimo abbraccio: da allora non rivide mai più suo padre Carlo, indimenticato bomber azzurro a cui è dedicato lo stadio di Empoli. Sono trascorsi ottant’anni e la ferita è ancora enorme. Indelebile. Il fondo istituto nel 2022 per consentire ai parenti delle vittime delle stragi nazifasciste di ottenere i risarcimenti aveva aperto uno spiraglio per alleggerire un peso impossibile da sostenere. "E invece l’ultima udienza in tribunale è stata uno schiaffo alla memoria della nostra famiglia". Carla Castellani, figlia di Franco, lo dice con la gola impastata, gli occhi lucidi: "Dopo 80 anni non c’è ancora giustizia, non è un discorso di soldi. Ma di valori. È importante a livello simbolico. Avere accesso a quel fondo sarebbe un omaggio a mio nonno e a mio padre che soffre ancora".
Carla, l’udienza che si è tenuta lo scorso dicembre non è andata come immaginavate...
"È durata neanche due minuti. A malapena ci hanno guardati negli occhi, come se fossimo in aula per trattare l’eredità di un terreno o la successione di un bene immobile. Come una qualsiasi causa civile che, con tutto il rispetto, non può essere paragonata ai danni causati da crimini contro l’umanità".
E ora che succederà?
"È stato tutto rimandato a gennaio 2025. Per un altro anno non ne sapremo niente. Ci siamo rimasti malissimo. Gli ostacoli messi in atto dall’Avvocatura di Stato sono incomprensibili, non esistono motivi validi per fare questo ostruzionismo".
Suo padre come si sente?
"C’era anche lui in aula. Era un bambino quando si è visto strappare suo babbo. Ora ha 86 anni, il pensiero di non poter avere giustizia lo fa sentire ancora più impotente. È deluso dal fatto che tutto ciò non tocchi la coscienza delle persone. Da parte della Germania non c’è mai stato un interessamento, ma ora che in Italia c’è la possibilità di ottenere un risarcimento non capisco come lo Stato possa ostacolare se stesso".
Parlate mai di quel giorno?
"Ricorda bene che arrivò a casa sua una guardia per cercare suo nonno, David. Volevano portarlo in caserma a Montelupo, perché era uno che poteva dar noia al regime fascista. David però era influenzato e allora suo babbo Carlo disse: vado io, torno presto. Ma non tornò più".
Il senatore Parrini si è appellato alla premier in nome di tante famiglie che chiedono giustizia. Lei cosa si sente di dire al Governo?
"Chiedo a Meloni che risvegli la sua coscienza e quella di chi le sta accanto. Ancora oggi vediamo guerre mosse dal potere. Allora fu ancora più brutale, con persone strappate alle proprie famiglie. Dobbiamo mantenere viva la memoria e la premier ha il dovere di mettere in cima alle sue priorità questo argomento. Rappresenta lo Stato, non può far finta di nulla. Non lo dico solo per mio nonno ma per tutte le vittime. Solo a Montelupo si parla di 25 famiglie. Proprio martedì per alcune di loro si è svolta la prima udienza, rimandata anche quella".
Lo stadio di Empoli ha cambiato nome, pur mantenendo quello di suo nonno. Che effetto le fa?
"Sincera: all’inizio ci siamo arrabbiati tutti. Per carità, capisco che ci sia bisogno di soldi per rinnovare lo stadio, ma dispiace che la mia famiglia non sia stata coinvolta. Non mi sono piaciute le modalità con cui il consiglio comunale di Empoli ha liquidato la faccenda, quando ormai era già stato tutto deciso. Dico solo che si sarebbe potuta trovare un’altra formula. E in cuor mio spero tanto che quel nome, per tutto ciò che rappresenta, resti lì per sempre".