REDAZIONE EMPOLI

Se il nostro pianeta diventa un cestino

Contro l’inquinamento dei mari la Toscana ha varato il progetto ’plastic free’. Tra bidoni mangia rifiuti e misure di smaltimento

L’uomo finora ha scambiato il pianeta per una grande pattumiera. L’inquinamento da plastica è causato dalla dispersione e dall’accumulo di prodotti plastici, non biodegradabili, che restano nell’ambiente purtroppo per migliaia di anni. Anche azioni involontarie possono causare gravi danni ambientali. Il 23 luglio 2015, dal porto di Piombino, una nave cargo diretta a Varna, in Bulgaria, ha perso in mare 56 ecoballe di plastica destinate a un inceneritore. Ci sì è accorti del disastro quando sono state ritrovate tonnellate di plastica nei fondali del Golfo di Follonica. Ad oggi ne sono state recuperate solo alcune ma c’è ancora tanto da fare per salvare l’ecosistema marino e la sua biodiversità.

Nel 2019 in Toscana è stata approvata la legge recante "Misure per la riduzione dell’incidenza della plastica sull’ambiente", che impone misure di smaltimento negli stabilimenti balneari, la plastica così smaltita servirà per produrre oggetti biocompostabili e biodegradabili.

Per la tutela delle acque, la Regione si sta attivando da tempo per trovare dei rimedi efficaci, per questo è stato progettato il cestino “mangia plastica” che stando a pelo d’acqua cattura i rifiuti che incontra, dai più grandi fino alle microplastiche, mentre una piccola pompa espelle l’acqua depurata. Il Seabin, così si chiama, pompa fino a 25.000 litri d’acqua all’ora e per adesso è stato impiantato in diverse città toscane ed entro il prossimo anno ne saranno posizionati altri 18 in tutta Italia nelle acque di mari, fiumi e laghi. Nei supermercati non si vedono più in giro posate in plastica, le buste sono biodegradabili o personalizzate. Del resto un maggiore riciclo per limitare l’uso di inceneritori consente anche un miglioramento della qualità dell’aria. La pandemia purtroppo sta determinando un aumento eccessivo di rifiuti plastici a causa dell’uso di vari materiali usa e getta: guanti, mascherine, visiere, camici in TNT, divisori in plexiglas, imballaggi e stoviglie. Sono prodotti potenzialmente infetti che non si possono quindi differenziare né riciclare. Secondo l’Ispra, in Italia per tutto il 2020 sono stati consumati tra 160.000 e 140.000 tonnellate di dispositivi anti Covid-19.

I materiali sanitari provenienti dagli ospedali sono considerati pericolosi quindi da smaltire in impianti autorizzati, mentre i guanti e le mascherine utilizzati da noi cittadini si considerano rifiuti urbani, che l’Istituto Superiore della Sanità suggerisce di smaltire in cassonetti destinati all’indifferenziato. La pandemia, con lo smart working e i limiti agli spostamenti, ci ha regalato una visione inaspettata: animali selvatici a spasso nelle nostre città, la Natura che si riappropria dei suoi spazi.