Ristori per i crimini del Terzo Reich. Il ricorso del Comune per le vittime. Fissata a marzo la prossima udienza

Duro il commento dell’assessore alla Memoria, Lorenzo Nesi: "Indegna la posizione dell’avvocatura di Stato" .

Ristori per i crimini del Terzo Reich. Il ricorso del Comune per le vittime. Fissata a marzo la prossima udienza

Ristori per i crimini del Terzo Reich. Il ricorso del Comune per le vittime. Fissata a marzo la prossima udienza

Non si dimentica. Non si dimentica quell’8 marzo del 1944, quando dopo gli scioperi di qualche giorno prima, il Führer chiese una punizione esemplare per questo atto dimostrativo, unico in Europa e in un paese occupato dai nazisti. Hitler chiese ai presidi territoriali della Repubblica Sociale Italiana di rastrellare una percentuale di scioperanti per tradurli con la forza nei lager: in meno di 24 ore dall’ordine, a Montelupo Fiorentino, avvenivano i primi rastrellamenti. Nella notte e con l’inganno furono fermati trenta cittadini, ignari della sorte a cui erano destinati. La lista dei nomi è lunga, le loro storie, indelebili.

Storie che sono finite in tribunale a Firenze, ieri, dove si è tenuta la prima udienza per il ricorso presentato dal Comune di Montelupo contro i crimini del terzo Reich, come previsto dall’articolo 43 del decreto legge 36/2022. In questi mesi il Comune si è adoperato per informare, supportare e coordinare i familiari delle vittime che hanno espresso volontà di presentare ricorso, arrivando a depositare complessivamente 13 citazioni, riguardanti 16 deportati e coinvolgendo ben 25 familiari. Quel maledetto 8 marzo di 80 anni fa, nelle liste arbitrarie finirono montelupini che non avevano fatto sciopero ma servivano "a far numero".

Tra loro c’erano antifascisti, anarchici, due medici, due barbieri, un maestro elementare e persone incontrate casualmente. Con la complicità dei fascisti italiani, i deportati furono 21. Tra loro, l’ex calciatore Carlo Castellani è sicuramente il più noto. E furono 18 gli assassinati, i superstiti solo cinque, persone che hanno portato dentro, per tutta la vita, le conseguenze della prigionia.

"L’opportunità di ricorso – afferma l’assessore con delega alla Memoria, Lorenzo Nesi – si è rivelata occasione importante di ricerca e di attualizzazione della cultura memoria, trasformandola da formale commemorazione, a ricerca delle responsabilità e richiesta di giustizia. Approfondendo il dramma legato a ogni singolo deportato e alla sua famiglia si è giunti a una lettura alta, che individua quei fatti come un unico crimine contro la Comunità. La deportazione politica merita di essere letta come eccidi e stragi nazifasciste, sia per il numero delle vittime che per le modalità di annientamento di quelle vite". I tempi della giustizia civile rischiano di negare giustizia ai figli delle vittime, tutti ultraottantenni e con un’aspettativa di vita limitata.

"Come altri hanno fatto prima di me, fra cui il senatore Dario Parrini, sottolineo quanto l’atteggiamento dell’Avvocatura di Stato sia indegno, nei confronti di Liliana, di Maria, di Fernando, Franco, Mario, Paolo, Virgilio e Pierluigi. Adesso anziani - prosegue Nesi - ma allora bambini, privati del padre e con un’esistenza poi indelebilmente gravata da quei fatti criminosi. L’unico risultato sarà quello di allungare i tempi processuali e viene da chiedersi se si tratti di una questione giuridica o prettamente politica". A distanza di ottant’anni, questo è un passato che non passa. L’unico modo per farlo è che sia resa giustizia e onore a chi venne barbaramente e ingiustamente colpito dalla violenza nazifascista. Ora si aspetta la nuova udienza, stata fissata proprio per il prossimo 7 marzo.

Y.C.