Operazione “Calatruria“ Cantini respinge le accuse

L’udienza preliminare dell’inchiesta parallela al Keu davanti al gup Gugliotta. La Cgil e la Regione Toscana sono state ammesse come parti civili.

Operazione “Calatruria“  Cantini respinge le accuse

Operazione “Calatruria“ Cantini respinge le accuse

L’udienza preliminare dinanzi al gup Fabio Gugliotta dell’operazione "Calatruria" è entrata nel vivo. Graziano Cantini, della Marino Cantini di Vicchio, è stato il primo a voler esporre al giudice le proprie ragioni, con l’obiettivo di rispondere alla richiesta di rinvio a giudizio presentata dall’accusa, sostenuta dal pm Lorenzo Gestri, dimostrando la sua estraneità alle contestazioni. L’undici luglio prossima udienza, e ancora interrogatori. Nelle stessa udienza il giudice ha sciolto la riserva ed ha ammesso la Cgil come parte civile. E anche la regione Toscana, che si è costituita nei confronti del dipendente accusato di corruzione. Al centro dell’operazione "Calatruria" – inchiesta che si interseca con quella del Keu –, lo ricordiamo, c’è il piatto appetitoso del movimento terra nel cantiere della Srt 429.

Un’inchiesta che parla anche di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, ed altro. Un episodio per la questione degli appalti sarebbe avvenuto a Pontedera con oggetto i lavori alla Srt 429. E anche in quest’inchiesta c’è Francesco Lerose, 54 anni, soggetto centrale nella vicenda Keu, e sospettato dall’antimafia di essere in contatto con le famiglie ‘ndranghetiste riconducibili alla cosca Grande Aracri di Cutro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, nel 2019, Lerose avrebbe convocato nel suo stabilimento di Pontedera un imprenditore: qui l’uomo trovò Nicola Chiefari, Domenico Vitale e Bruno Vitale che – per agevolare un’impresa concorrente – lo avrebbero persuaso, con l’atto intimidatorio di lasciar intendere la riconducibilità alla organizzazione di ’ndrangheta guardavallese, a tollerare pratiche di illecita concorrenza sleale ai suoi danni. Da qui la contestazione – solo per alcuni imputati – da parte della procura dell’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Sono 12 i soggetti, a vario titolo, coinvolti in quest’inchiesta e che rischiano il processo. Con Lerose, Domenico e Bruno Vitale e Nicola Chiefari, ci sono anche Ambrogio e Antonio Chiefari, tutti originari di Guardavalle; Graziano Cantini, Nicola Verdiglione, Pasquale Barillaro, Rocco Bombardiere, gli aretini Massimo Melucci e Luca Capoccia.

Carlo Baroni