
di Gordon Baldacci *
Giovedì mattina nell’arco di poco meno di 15 minuti abbiamo avuto 16 mm di accumulo, praticamente un ’temporale’. Le raffiche lineari prodotte dal rovescio ’Microburst’ in termine tecnico hanno raggiunto punte che sia su Empoli città che zona lungarno si sono fermate attorno ai 45-48 kmh, un dato che meteorologicamente non è certamente “estremo”. L’eccezionalità sta nel fatto che si sono venute a creare diverse situazioni di disagio “locali”, vale a dire zone anche a livello comunale colpite duramente e altre meno.
Si chiamano “downburst” e “microburst”: questi fenomeni iniziarono a fare la loro comparsa a metà degli anni ’80 negli Usa, specie nelle pianure centrali. In italiano è chiamato anche raffica discendente, ed è quel fenomeno meteorologico che consiste in una forte corrente verticale che raggiunge la superficie, accompagnata a un violento temporale.
Per semplificare: se svuotiamo improvvisamente una bottiglia verticalmente, l’acqua schizzerà via sulla superficie in tutte le direzioni dal punto sul quale è caduta. Sappiamo che l’acqua rallenta tantissimo quando si muove lungo piani orizzontali. Il vento orizzontale originato dal deflusso di un downburst, gli imprime una violenta accelerazione. Purtroppo sono eventi che le nostre zone conoscono bene già da diversi anni. Il più grave avvenne a Stabbia nel 2014, ma ne abbiamo avuti anche altri ad Empoli a fine luglio nel 2016, nel 2017 toccò a Capraia e Limite con un Microbust di mezz’ora. Il comune di Montelupo Fiorentino si è trovato di fronte a un evento simile nel luglio 2019, e infine Lazzeretto a fine agosto sempre di quell’anno. Si contano all’attivo negli ultimi 8 anni nel nostro circondario 3 downburst e 5 microburst. Sono fenomeni velocissimi nel formarsi e difficilmente prevedibili proprio per l’estemporaneità con cui si manifestano. Ecco perchè è bene sempre seguire i consigli della Protezione Civile, ricordando che un codice giallo non significa che ci siano rischi minori ma che quei rischi hanno una rilevanza sul territorio localizzata.
Purtroppo tante volte non sono prevedibili, per la veloce evoluzione con cui si formano, non rilevabili neppure con gli strumenti a nostra disposizione se non 10-20 minuti prima. Le persone che lavorano all’aperto, e per questo sentono sulla loro pelle questi fenomeni ancora più pressanti, devono essere a mio parere anche formate. Tornare a incontrare le persone sarà basilare anche per recuperare quel disagio marcato che si è avvertito anche in questi giorni nei confronti dei volontari offesi nella loro opera gratuita ed essenziale per le nostre comunità.
* Meteorologo e fisico dell’atmosfera