L’allarme siccità e il rimpianto invasi "La svolta? Un piano mai realizzato"

Paolo Londi, ex consigliere provinciale diede il via al progetto: "Stessi problemi e promesse di 15 anni fa. Ma quello studio è finito nel dimenticatoio. Le situazioni drammatiche si prevedono e non si inseguono"

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di Alessandro Pistolesi

C’era uno studio approfondito, si erano espressi tecnici, esperti qualificati, geologi di lungo corso. C’era un progetto, messo nero su bianco, con dettagli e approfondimenti. Solo che poi non se ne è fatto più nulla: il piano è rimasto su carta e poi, come spesso accade in Italia, è finito nel dimenticato. Ora, a quasi 15 anni di distanza, siamo punto e a capo. Non piove da settimane e settimane, la terra soffre, i fiumi sono a secco. Gli esperti e il mondo della politica parlano di invasi come una tra le soluzioni al problema della siccità. "Accadde lo stesso tra il 2003 e il 2009, con una differenza non da poco: allora le emergenze siccità erano fra ottobre e novembre, ora sono in drammatico anticipo di 4 mesi con conseguenze disastrose", commenta Paolo Londi, ex capogruppo del Pd a Montelupo, all’epoca consigliere provinciale.

"Già allora – continua Londi – ci rendemmo conto che il lago di Bilancino da solo non poteva bastare in casi di forte emergenza. Così nel 2007, come presidente della commissione Agricoltura e Attività produttive mi feci promotore di uno studio sulla fattibilità di alcuni invasi nella provincia di Firenze. La mozione, approvata all’unanimità, impegnava la giunta a elaborare uno studio approfondito sul territorio per localizzare delle aree idonee a ospitare gli invasi". Il tema è dibattuto, seguono confronti con esperti, Consorzio di bonifica e Coldiretti. Si esprimono a favore ingegneri idraulici, docenti universitari e altre figure qualificate. Alla fine, nel 2009, il progetto viene presentato.

"Lo studio venne eseguito velocemente grazie a valenti professionisti del settore – riprende l’ex consigliere provinciale –. Vennero individuate 15 zone adatte per una rete di invasi. Tra queste c’erano Casanova nel comune di Montespertoli e Montelupo con quasi un milione di metri cubi di volume lungo il torrente Turbone, Selvolina a Montaione con 1,4 milioni di metri cubi di volume e Ripalta fra Barberino Val d’Elsa e Certaldo, oltre a Case Botti per il bacino della Pesa". Lo studio viene presentato durante un convegno, ne nasce anche un libro scritto dalla professoressa Cecilia Caretti e intitolato ’Uso della risorsa idrica nella provincia di Firenze’. E poi? "Si erano espressi esperti qualificati, vennero spesi dei soldi per quello studio. Solo che andavano fatti esami approfonditi, il progetto andava reso operativo", ricorda Londi che cita poi una serie di obiezioni che vennero sollevate all’epoca. "Una delle motivazioni per cui non si fecero gli invasi era che costavano troppo. Ma oggi quanto costerà questa crisi idrica? Sicuramente molto, molto di più", continua l’ex consigliere provinciale ora presidente dell’assemblea territoriale del Pd Empolese Valdelsa.

"Venne fuori anche che gli invasi sono pericolosi – riprende Londi –: sono pericolosi se non costruiti secondo le regole idrauliche e ingegneristiche. Ma anche le case, le strade, i ponti sono pericolosi se costruiti male con materiali inadeguati". Gli anni successivi al progetto furono molto piovosi, il piano fu dimenticato. "Il tema mi sta molto a cuore, nasco da una famiglia di contadini e so cosa stanno passando ora gli agricoltori. Sappiamo tutti che il clima si sta trasformando, che l’acqua è un bene prezioso – la riflessione di Londi –. Solo che oggi ci ritroviamo con gli stessi problemi, le stesse promesse e magari anche gli stessi studi che, come quello del 2009, finiscono negli archivi della Regione Toscana o della Città Metropolitana. Se non ci mettiamo bene in testa che le situazioni drammatiche si prevengono e non si inseguono quando diventano criticità acute, allora non ne usciremo mai".