
La fede e la politica I parroci di Avane dalla militanza nel Pci all’abito talare
di Bruno Berti
In città c’è una parrocchia, quella di Avane, che sembra avere, almeno da un paio di decenni a questa parte, una vocazione ad avere pastori di anime, o parroci se preferite, diversi dall’immagine abituale che la maggior parte di noi ha di chi indossa l’abito talare. Ci riferiamo all’attuale titolare dell’incarico, don Renato Bellucci, e al suo predecessore (quasi: se la memoria non ci inganna c’è stato un interregno), vale a dire don Renzo Fanfani, una figura che a Empoli, anche per il suo essere un prete operaio, è stato per decenni una figura di riferimento per un pezzo del cattolicesimo locale, almeno fin dai primi anni ’70. Allora insieme a don Giacomo Stinghi (parroco di Spicchio che veniva da Firenze), il sacerdote che negli anni si è prodigato con una determinazione sbalorditiva per venire incontro, adottando lo strumento della comunità, a chi aveva problemi di droga. Se don Fanfani è stato il ‘nostro’ prete operaio, possiamo dire che don Bellucci rappresenta il prete impiegato, e non è una battuta. Don Renzo era arrivato al sacerdozio in età adulta, dopo aver gettato alle ortiche la divisa di capitano dei Granatieri, mentre don Renato aveva lasciato il posto nell’ufficio nella cooperativa Cev, una delle cristallerie (l’aristocrazia del vetro) di Empoli, situata fino agli anni ’80 in quello che adesso è il parcheggio, e le nuove costruzioni vicine, di fronte alla farmacia comunale di via dei Cappuccini. Il non ancora don appartiene a una famiglia di comunisti, dove comunque l’apertura mentale era una bella realtà. Renato era iscritto alla Fgci (l’organizzazione giovanile del Pci) e aveva ruoli da dirigente. Prima di entrare alla Cev, ad esempio era stato responsabile per i rapporti con le Case del popolo. Come si capisce anche solo pensando alla fitta ragnatela sociale dei circoli Arci da noi, diventa chiaro che il ruolo era di quelli importanti.
"Ma sono stato – dice don Renato – anche responsabile di zona dell’organizzazione dei giovani comunisti. Ricordo, ad esempio, di essere andato a portare la prima tessera della Fgci a un’allora giovanissima Luciana Cappelli, che poi sarebbe stata sindaco di Empoli per dieci anni". In famiglia, come abbiamo detto, non c’erano problemi di liti politiche. "Mio padre – ricorda ancora don Renato – era stato comunista anche durante il fascismo, naturalmente in clandestinità. Mia nonna, che abitava a Cortenuova, riceveva i corrieri che portavano la stampa clandestina e le direttive dalla Francia". Un ruolo decisamente pericoloso: finire di fronte al Tribunale Speciale non era certo una passeggiata. Tanto per capirsi, agli empolesi antifascisti furono comminati secoli di carcere. "In famiglia c’era apertura mentale – riprende il filo dei ricordi don Renato -: mio padre si recava in chiesa e una volta fu cacciato da don Poli (allora cappellano della Collegiata, ndr). Erano i tempi della scomunica ai comunisti".
Il giovane Renato, dopo il diploma, nel 1974 entrò alla cooperativa Cev, che poi lasciò nel 1981. "Misi su un Ced, un Centro elaborazione dati. Poi, nel 1989, tutto cambiò ed entrai in seminario. Il mio incarico più importante, prima di venire a Empoli, è stato quello di parroco, per 25 anni, a San Bartolomeo a Quarate, nel comune di Bagno a Ripoli. Qui ad Avane ho ripreso la tradizione avviata da don Renzo, della collaborazione con la Casa del popolo", che si trova a cinquanta metri dalla chiesa della frazione. Don Renato ha anche un ricordo preciso di don Renzo. "Ero suo amico: l’avevo conosciuto ad alcune manifestazioni espositive e di altro genere, dove io andavo per la Coop Cev e lui per la Savia, anch’essa una coop vetraria, dove ha lavorato per anni", restando sempre un sacerdote. E’ proprio vero che le vie del Signore sono infinite.