
di Bruno Berti
Sauro Cappelli ha rappresentato dal punto di vista politico,un esempio di quella lunga serie di dirigenti del Pci che nella nostra zona, e nel resto del Paese, sono diventati funzionari di partito, o come si diceva un tempo, con una definizione un po’ datata, rivoluzionari di professione. L’ uomo che per tantissimi empolesi incarnava l’assessore allo sport per definizione era stato iscritto ai giovani comunisti dopo la Liberazione per poi approdare nei ranghi del partito nel 1949. Era normale che i giovani iniziassero dall’organizzazione giovanile per poi ‘passare’, in genere un po’ dopo i 20 anni, al partito.
Il futuro assessore aveva iniziato, come tanti ragazzi a quel tempo, a lavorare in vetreria, all’Eminente di via dei Cappuccini (dove più tardi nacque la Cev, una cristalleria cooperativa, e dove adesso, di fronte alla Farmacia comunale 1, c’è un parcheggio e, più arretrato, un palazzone) per poi entrare al mobilificio Borgioli in cui lavorò fino all’elezione ad assessore, nel 1974. In quell’anno il consigliere comunale del Pci Cappelli (allora gli assessori si eleggevano, non si nominavano, tra i consiglieri comunali) subentrò nella giunta guidata dallo storico sindaco Mario Assirelli a Carlo Andressi, poi dirigente della Cna. E per Sauro l’impegno in Comune fu letteralmente casa e bottega, visto che abitava in via dei Neri, a dieci metri dalla porta di servizio, diciamo così, del municipio.
Cappelli aveva fatto per anni attività politica nella sezione Centro del partito, e arrivare in giunta per lui fu una promozione politica importante. Gli assessori venivano retribuiti dal partito perché al tempo, e oggi le cose non sono cambiate, salvo per il sindaco, i compensi erano ridicoli. E’ chiaro che diventare funzionario significava impegnarsi a fondo in via del Papa e aumentare anche il ‘tasso’ di attività politica, con riunioni, molto frequenti, che si svolgevano in genere dopo cena. Si andava dalla semplice presenza all’incarico di relatore o di dirigente a cui spettava il compito di fare le conclusioni.
I funzionari del Pci nell’Empolese Valdelsa erano paragonabili, come numero, agli addetti di una piccola impresa di tutto rispetto. Se le nostre piccole aziende hanno infatti pochissimi dipendenti, il Pci locale era arrivato ad avere a libro paga 27 persone, compreso il personale tecnico. Il dato ce lo ha fornito Vassili Campatelli, ex segretario di zona del Pci e più volte parlamentare. "Il partito come tale aveva, nei 10 comuni della zona, Fucecchio arrivò con noi con la nascita della federazione del Pds nel ’91, 16 funzionari sindaci compresi, a cui si aggiungevano un assessore a Certaldo, uno a Castelfiorentino a tre a Empoli, il comune più grande. Più appunto il personale tecnico, quattro persone".
L’oro di Mosca, da queste parti, non si è mai visto: c’erano i soldi delle tessere, dopo aver versato la percentuale alla federazione di Firenze e a Botteghe Oscure. E poi c’erano le Feste de l’Unità, che per anni hanno fornito un contributo importante alle casse del partito. "I nostri eletti nei Comuni versavano quanto ricevevano dall’ente locale al partito e quei soldi servivano, ad esempio, per gli stipendi di sindaci e assessori (quelli retribuiti)".
I rivoluzionari di professione prendevano un mensile basato sul quinto livello del contratto dei metalmeccanici, la punta di lancia del movimento sindacale. Qualche ‘scatto’ poteva venire se un dirigente faceva parte, ad esempio, dalla segreteria della federazione. Consiglieri regionale e parlamentari versavano la metà dei loro compensi al partito. Solo la pensione, allora più correttamente vitalizio, non era gravata da tagli. I dirigenti del partito ‘governavano’ anche le carriere dei militanti che venivano impegnati in ruoli di responsabilità nella associazioni vicine, come Cna, Confesercenti, Lega delle cooperative e Cgil. Talvolta chi veniva ‘inviato’ in una di quelle organizzazioni non gradiva perché la carriera politica vera e propria si faceva nel partito. Certo, avevano stipendi più alti, ma quelle persone, in genere, non badavano al ‘mensile’. Resta il fatto che chi decideva la carriere, i dirigenti del Pci, erano quelli che avevano lo stipendio più basso. Il prezzo del potere, si può dire.
Il partito comunista di Empoli, nel momento di maggior fulgore, era giunto ad avere più di 5.000 iscritti, mentre nella zona il dato più alto toccato è stato di più di 19.000 tessere. "A un soffio da quota 20.000", ricorda ancora Campatelli.