
«Così faccio rivivere l’artigianato, ho inventato il marchio ‘I Fiascaio’» (Foto Germogli)
Empoli, 18 luglio 2016 - In principio era il fiasco… e ancora fiasco sia. Uno slogan semplice e chiaro, che ha dato l’input a quattro fibbianesi per rilanciare un mestiere estinto - quello della fiascaia impagliatrice- e tenere accesa la fiammella del saper fare artigianale buttandosi in una nuova avventura imprenditoriale che avrà bisogno della collaborazione di tutta la comunità. Si chiamerà «I Fiascaio» e sarà Made in Montelupo: l’idea, riportare il vetro a nuova vita. «Dalle bottiglie ed i fiaschi impagliati e usati fin dal 1200 nasce un brand innovativo di riuso di questi recipienti di antica tradizione; dopo un’attenta ricerca di design e il giusto tocco di creatività, si ottengono bicchieri, portacandele, complementi d’arredo trasformati e realizzati a mano. Le trasformazioni sono molto richieste, specialmente all’estero. Le taverne classiche tanto in voga in questo momento si affidano a questo tipo di oggettistica per l’arredamento, le damigiane diventano lampadari, il collo di una bottiglia di vetro, un vassoio originale».
Alessandro Fossi, che nella zona artigianale delle Pratella a Fibbiana si occupa di accessori moda, ha fatto suo il pensiero di Einstein secondo il quale «è nella crisi che sorge l’inventiva. La crisi aguzza l’ingegno: ci ha toccato tutti, abbiamo perso, svenduto la nostra identità, la qualità. Vogliamo riappropriarcene». E’ così che si è messo a studiare sui libri del MuVe e insieme alla moglie Giovanna Rossi, al molatore esperto di rifinitura di vetro Stefano Maggini e a Sabrina Campaini, attualmente disoccupata.
Questo il team pronto a lanciare un nuovo modo di vedere il vetro. «Per ricordare le origini del territorio. Quella di Montelupo è una storia centenaria, fatta di vino, fiaschi e sala, ma soprattutto di contadini, vetrai e fiascaie. Ma dove sono finiti?L’unica produzione rimasta per l’impagliatura è fatta a macchina, il vetro soffiato è l’eccezione e non la regola. Le produzioni sono industrializzate, i robot hanno preso il posto dell’artigiano, l’indotto non c’è più, le vetrerie sono state delocalizzate». Eppure, una certezza dalla quale ripartire c’è: «sappiamo che se i montelupini andassero a cercare in cantina ritroverebbero gli aghi coi quali le nonne impagliavano i fiaschi, gli strumenti che ci permetterebbero oggi di riavviare la produzione e venderla nel mondo». Dopo l’appello lanciato su Fb, l’ago rugginoso in ferro battuto è saltato fuori, gli animi si sono risvegliati, Giovanna e Sabrina hanno cominciato a frequentare corsi di impagliatura gentilmente offerti dalle due storiche fiascaie montelupine, Cosetta e Fedora, oggi ultraottantenni ma cresciute a pane e manualità.
E l’idea dell’antica bufferia, pian piano, ha preso forma. «Siamo disposte a metterci in gioco per ripristinare l’anello mancante, perché questa catena non si spezzi – dicono le donne della squadra- E poi chiediamo: vetrai e fiascaie di un tempo, sareste disponibili a tramandare ai vostri figli e nipoti l’esperienza che serbate viva nel cuore? Quanti di voi vorrebbero nella nostra comunità rivedere lavorare i giovani con le mani che un tempo furono le vostre? Pensate che i giovani possano entusiasmarsi per questo?» Il guanto di sfida è stato lanciato.
Ylenia Cecchetti