BRUNO BERTI
Cronaca

I colpi della crisi sul distretto: "Il settore moda rallenta. Soffrono le piccole imprese. La manifattura resta centrale"

L’analisi del sindacato: "Aumentano le aziende che portano fuori la loro sede principale. C’è bisogno di un paracadute più efficace per non andare incontro al deserto industriale".

I colpi della crisi sul distretto: "Il settore moda rallenta. Soffrono le piccole imprese. La manifattura resta centrale"

I colpi della crisi sul distretto: "Il settore moda rallenta. Soffrono le piccole imprese. La manifattura resta centrale"

Sul fronte dei contratti di lavoro da rinnovare, i sindacati sono reduci dallo sciopero del 22 dicembre scorso, con cui hanno chiamato alla mobilitazione gli addetti del settore commercio (contratto di categoria scaduto nel 2019), compresa la grande distribuzione, il turismo e la ristorazione, dalle nostre parti settori economici significativi. In complesso, infatti, un comparto che può tranquillamente essere definito un peso massimo nell’economia della nostra zona, con i suoi circa 8.000 lavoratori. La rivendicazione va ben oltre, arrivando a toccare il tema dello sviluppo locale e dell’andamento dell’anno che sta terminando.

"Si tratta – fa notare Gianluca Lacoppola, coordinatore della Cgil dell’Empolese Valdelsa – di un settore che fa i conti anche con il lavoro povero, per cui, pur avendo un’occupazione, in certi casi e per certe mansioni, il salario è veramente basso. Ciò significa che, considerati i numeri della categoria, ci troviamo di fronte a un problema che è diffuso nella società. Se per il commercio siamo a questi punti, c’è da dire che i settori industriali, a partire dall’abbigliamento in larga maggioranza hanno già rinnovato il contratto di lavoro o si trovano con una ‘carta normativa’ non scaduta. Sottolineo anche che la manifattura per l’Empolese Valdelsa è ancora centrale dal punto di vista economico", una caratteristica che riesce ad attutire in misura significativa i colpi delle crisi di settore, poiché da noi non esiste la monocultura industriale, quella che ad esempio ha compromesso le chance di Prato quando il suo tessile è andato in crisi.

"Dovremo, magari, fare più attenzione - riprende Lacoppola – al fatto che aumentano le aziende che non hanno la sede centrale da noi". E se le imprese non hanno la testa sul territorio, è chiaro che anche il minimo stormir di fronda di una crisi può creare gravi problemi sul fronte occupazionale, e più in generale sulla tenuta del sistema economico, con gli inevitabili riflessi sullo sviluppo economico dell’area. In materia di comparti produttivi con problemi di prospettiva, con qualche aspetto negativo già presente, Lacoppola fa notare le condizioni dell’abbigliamento, che da noi in complesso significa qualcosa come circa 10.000 dipendenti, indotto compreso. "Tra le imprese della moda vediamo un rallentamento per le prime e le seconde fasce delle forniture. Non sappiamo ancora se sia un problema di breve periodo o se ci si trovi di fronte a una questione strutturale a causa delle conseguenze di problemi internazionali". Infatti, molte delle imprese della nostra zona che operano nel settore sono fornitrici di grandi griffe, che, in caso di crisi ai vari livelli, abbandonano, magari momentaneamente, le imprese più piccole con cui hanno contratti di fornitura.

"I problemi riguardano in prevalenza le seconde fasce, quelle che si concretizzano in imprese di più piccole dimensioni". Di loro il big della moda di turno può fare a meno, mentre l’impresa ‘abbandonata’ può andare incontro a problemi di tenuta complessiva. "E poiché si parla di aziende prevalentemente artigianali, che non hanno la cassa integrazione di quelle grandi (per loro i periodi di ‘cassa’ sono molto più limitati, ndr), noi crediamo che ci sia bisogno di un paracadute più efficace per non andare incontro al cosiddetto deserto industriale. Quella riforma degli ammortizzatori sociale che chiedevamo sarebbe stata necessaria ora. Nel quadro c’è anche da considerare che molto spesso tante aziende fanno ricorso all’occupazione a termine e allo straordinario, salvo poi, e neppure tanto poi, chiedere risparmi sul costo del lavoro", non rinnovando contratti e magari chiedendo la cassa integrazione. "Noi siamo convinti che non può essere sempre il lavoratore a pagare il prezzo dei problemi aziendali. Per questo crediamo che la tutela del lavoro sia anche un tema sociale e politico di primaria importanza".