Con la pandemia in crescita i disturbi dell’alimentazione

In media l’incidenza tra il periodo antecedente al Covid e quello attuale è di un +30 per cento di nuovi casi

Immagine di repertorio

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Empoli, 9 febbraio 2022 - Un’epidemia dentro l’epidemia. Anoressia, bulimia, disturbi da alimentazione incontrollata negli ultimi due anni, quelli caratterizzati dalla pandemia Covid, sono lievitati in maniera esponenziale. I dati rilevali dall’unità funzionale disturbi alimentari Asl Toscana centro fotografano, anche per la zona empolese, una situazione in sensibile crescita. Ne abbiamo parlato con il direttore dell’unità funzionale Stefano Lucarelli e la dottoressa Ilenia Giunti, coordinatrice della sede empolese che si trova all’interno della Casa della salute Sant’Andrea. 

Quanto ha inciso la pandemia sui disturbi alimentari? "In media l’incidenza tra il prima pandemia e il dopo è di un +30% di nuovi casi. In particolare, abbiano registrato un sensibile aumento di prime visite di minori, bambini e adolescenti, pari al 42%, e di un 15% in più per gli adulti. Da evidenziare, inoltre, che l’età media dei giovani pazienti si è abbassata e i casi presentano sintomi più gravi". 

Sono cambiate le diagnosi? "Più o meno sono rimaste uguali. Si riscontrano sempre le tre principali casistiche: anoressia, bulimia e disturbi da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), il cui sintomo principale è l’abbuffata compulsiva, ma che a differenza della bulimia non è seguita da condotte purgative o altri comportamenti compensatori. Questo disturbo è aumentato molto tra gli adolescenti". 

Ci sono state differenze tra il primo anno e il secondo anno di pandemia? "Nel primo lockdown abbiamo avuto un incremento di soggetti più giovani e più gravi. Inoltre, nelle persone che già avevano problemi di disturbi alimentari la patologia si è accentuata. Abbiamo sottoposto a circa 180 nostri pazienti un questionario per indagare l’impatto dei due lockdown. Il risultato è che il primo ha impattato maggiormente sulle persone, che hanno riferito anche una percezione di minore sostegno da parte del sistema sanitario. Nel secondo lockdown, invece, hanno rilevato un lieve miglioramento e una maggiore vicinanza. Questo ha fatto riflettere anche noi che, come tutti, inizialmente siamo rimasti spiazzati dalla pandemia. Le risposte fornite dai pazienti, però, ci hanno aiutato a migliorare i servizi, implementandoli con video tutorial e video chiamate. Inoltre, ci siamo attrezzati anche con ambienti più grandi per riprendere gli interventi di gruppo. Un altro servizio che offriamo è il pasto assistito con un operatore che applica specifiche procedure per aiutare i pazienti a mangiare in caso di difficoltà. Queste includono l’educazione, il supporto, la distrazione e il decentramento dalle preoccupazioni associate al disturbo dell’alimentazione". 

Qual è la peculiarità del centro di Empoli? "Che garantiamo continuità terapeutica, anche perché da un disturbo alimentare in media il 50% guarisce, il 25% presenta una remissione parziale e l’altro 25% non riesce a uscirne. Noi, con un team di psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e dietisti, seguiamo il paziente da quando è un minore fino alla sua fase adulta. In più, stiamo attivan do uno studio pilota con i medici di famiglia. Già il medico curante potrà proporre un rapido questionario ai propri pazienti, attraverso il quale fare già una sorta di screening rispetto ai disturbi alimentari". 

Irene Puccioni