Dieci candeline e una storia chiamata “Beat“. Un’emozione che sta per tornare. Il countdown per l’edizione 2024 è scattato: tempo di bilanci e nuove sfide. Ne parliamo con Umberto Bonanni, presidente “Beat 15“ e direttore artistico della manifestazione.
Il Festival è ormai entrato nel cuore degli empolesi. Come è nato?
"Volevamo fare musica in un parco e cercavamo il posto giusto. Oggi i parchi urbani sono diventati luoghi di spettacolo, ma dieci anni fa non era così, almeno in Italia. Serravalle faceva al caso nostro. L’amministrazione appena insediata invece voleva far qualcosa per i giovani. Le nostre strade si sono incrociate".
Ed è stato subito un successo.
"La prima edizione? Molto forte. C’è stata poi l’esplosione dell’indie, dell’hip hop, la musica cambiava pelle e con lei anche noi, accogliendola in un Festival aperto, creativo, accessibile a tutti, come se ne vedono tanti in Inghilterra, ma pochi qua".
Il format ha subìto qualche modifica nel tempo?
"Non si perde il focus; lo scopo nobile, quello culturale. È una manifestazione dedita alla promozione della musica giovanile. Direi buona la prima. La progettazione del 2015 si è rivelata vincente".
Qualche polemica organizzativa però c’è stata. L’estate scorsa Pubblica Assistenza e Croce Rossa si sono ritirate a causa di un compenso ritenuto inadeguato. Va meglio quest’anno?
"Tutto regolare. Accordo trovato con Misericordia che farà servizio di prevenzione e di soccorso".
Cosa aspettarsi, da domani?
"C’è grande attesa per la serata di Fulminacci. Un artista in crescita, già nostro ospite il primo anno, al primo disco".
Come lui sono tanti i talenti passati dal palco empolese…
"Si sono affacciati da emergenti Motta, La rappresentante di lista. Il palco del “Beat“ porta fortuna. Siamo riusciti ad intercettare un movimento di artisti interessanti, educati e desiderosi di imparare il mestiere. Che suonano per il gusto di suonare, senza pretese. I Bnkr44 sono nati qui, siamo orgogliosi del loro successo. Fare scouting significa far emergere creatività. Noi l’abbiamo fatto davvero".
Sotto al palco chi c’è?
"Lo si capisce dai biglietti venduti. C’è un pubblico di giovani in arrivo da tutta la Toscana. Ma negli anni, con la partecipazione di artisti internazionali (penso ai Franz Ferdinand, che sono venuti due volte), Empoli ha abbracciato tutta Italia. È un luogo magico, questo".
È pubblicità, anche dal punto di vista turistico…
"La musica aiuta. Il territorio è conosciuto per altri aspetti. Il Beat è un megafono potentissimo. Quando nel 2018 arrivarono i Sum 41 (band simbolo del punk rock mondiale), il cantante si divertì a scattare foto davanti ai luoghi iconici della città. Condivisioni che diventarono virali".
Il 2024 segna il decennale. Come festeggerete?
"Questi 10 anni sono stati un viaggio meraviglioso. Ma nessuna auto celebrazione. Ci piace lavorare, con la voglia di migliorarsi sempre. Il regalo più utile che ci possiamo fare è alzare l’asticella della qualità; per gli artisti, il cibo, e il resto".
Siete già al lavoro per l’edizione numero 11. Anticipazioni?
"Ci piacerebbe aumentare il numero di contenuti culturali. Già quest’anno abbiamo inserito in calendario Art in the park. Sarebbe bello aggiungere presentazioni di libri, poter rappresentare la creatività giovanile a 360 gradi. Farlo però costa…".
Che costi ha un Festival del genere?
"Siamo sui 500mila euro. L’investimento è un mix tra pubblico e privato, dove la percentuale privata è preponderante. È un Festival sano che si auto sostiene. Detto ciò, con la nuova amministrazione ci piacerebbe trovare nuove sinergie, avere ancora più supporto".
Un artista che sogna di portare a Empoli?
"Direi un cantautore popolare, che lavora su fasce di pubblico diverse. Un’icona della musica italiana che porti a cantare tutta la città. De Gregori... Chissà".
Ylenia Cecchetti