Dalla Valdelsa a Roma. Giovane agricoltore in marcia sul trattore: "Lotto per un sogno"

Marco Braccini, 30 anni, da Baccaiano si è unito al corteo dei manifestanti. L’imprenditore: "Mi batto per avere più tutele e migliorare il settore. Siamo ostaggio della burocrazia e i nostri prodotti vengono penalizzati".

Dalla Valdelsa a Roma. Giovane agricoltore in marcia sul trattore: "Lotto per un sogno"

Dalla Valdelsa a Roma. Giovane agricoltore in marcia sul trattore: "Lotto per un sogno"

di Irene Puccioni

VALDELSA

Marco Braccini ha 30 anni e metà della sua vita l’ha passata sopra un trattore. Nonno Piero lo portava nei campi già a 12-13 anni. Ora, a bordo del suo John Deere, 6000 di cilindrata, si è unito al corteo di agricoltori giunto alle porte di Roma intenzionato a sfilare lungo le strade della Capitale per arrivare a dialogare con il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Braccini viene da Baccaiano, frazione di Montespertoli. Ama il suo lavoro nei campi, ("ci sono nato e cresciuto") e ora che sente che gli stanno negando il futuro, ha deciso di mettersi in marcia per chiedere più tutele e certezze. Prima ha partecipato al presidio di Navacchio, in provincia di Pisa, che per una settimana ha riunito ogni giorno oltre 150 manifestanti. Poi con i colleghi toscani aderenti al Movimento Riscatto Agricolo ha imboccato l’autostrada per raggiungere Roma. "In questo momento – spiega lo stesso agricoltore raggiunto al telefono – ci troviamo all’uscita di Roma centro, lungo l’autostrada. Siamo 400-500 trattori in attesa di capire se potremo arrivare fino al Ministero e farci ascoltare. La notte dormo in una tenda da campeggio. Pranzo e cena si consumano tutti insieme, sotto un gazebo. Siamo diventati una grande famiglia".

Contrasto alla concorrenza sleale e alla diffusione di “cibi sintetici” e il riconoscimento del valore del made in Italy. Sono queste le principali motivazioni che hanno spinto i trattori a marciare verso la Capitale. "Siamo ostaggio della burocrazia - spiega ancora - di regole troppo stringenti che danneggiano produttori e consumatori. I nostri prodotti non possono concorrere con quelli provenienti da Paesi che non rispettano le stesse regole a cui noi siamo sottoposti: è concorrenza sleale". C’è poi la mannaia economica: "I costi di produzione sono aumentati moltissimo - sottolinea Braccini – Il gasolio è passato da 60 centesimi a 1,10 euro; i fitofarmaci sono raddoppiati, così come i concimi. Mentre i nostri prodotti vengono pagati sempre di meno". L’azienda agricola Braccini, fondata da nonno Piero (scomparso durante la pandemia Covid) è oggi portata avanti dal figlio Leonardo e i nipoti Marco e Barbara (che si occupa della segreteria). "Dopo le superiori, ho fatto il Professionale indirizzo agricolo, sono entrato in azienda – racconta – Non potrei fare altro lavoro: dentro una fabbrica mi sentirei in gabbia, non sarei libero di essere me stesso. Del mio lavoro amo proprio la libertà. La cosa più bella? Vedere crescere i frutti della tua fatica. L’altra faccia della medaglia però è che ciò che produciamo non viene valorizzato, i nostri prodotti non ci vengono pagati per quello che valgono. Possibile che il grano canadese sul mercato abbia un valore di 40 euro al quintale mentre il nostro va dai 20 ai 25 euro al quintale. Le regole che valgono per l’Europa non valgono per gli altri Paesi, così si crea un’enorme diseguaglianza".

L’azienda Braccini non ha terreni di proprietà. Con un parco mezzi di 7/8 macchinari agricoli, padre figlio e due operai, lavorano 300 ettari di terreni in affitto, 15 ettari di vigne e si prendono cura di 1.500 piante di ulivo. "Con il solo lavoro nei campi non riusciremmo però ad andare avanti perché non sai mai quanto può essere il guadagno in fondo all’anno – precisa il giovane imprenditore – Mio nonno lo diceva sempre: ciò che dorme fuori non è niente nostro. Ed è vero, i fattori climatici possono davvero rovinare il lavoro di una stagione. Per compensare facciamo anche altro: lavoriamo per il consorzio bonifica e per l’ex provincia". Nonostante le difficoltà il giovane imprenditore agricolo non intende cambiare vita e rincorre un sogno. "Vorrei tanto che nel nostro settore tanti aspetti migliorassero sia per noi che per i cittadini. Vorrei che ci fossero più controlli, meno speculazioni. Non è giusto far pagare al consumatore il pane 3 euro al chilo quando la farina al produttore viene pagata 20 centesimi. È scandaloso che per un chilo di ciliege venga corrisposto all’agricoltore 40 centesimi e poi venga rivenduto a 10 euro il chilo. È ora di dire basta a questo sistema distorto".