Commercio, lenta emorragia. Dal 2020 addio a 33 attività: "Nel futuro spariranno i negozi"

In città negli ultimi tre anni il saldo tra aperture e chiusure è pari al -5 per cento. Costagli (Confcommercio): "Altre realtà soffrono di più, ma l’andamento è preoccupante". .

Commercio, lenta emorragia. Dal 2020 addio a 33 attività: "Nel futuro spariranno i negozi"

Commercio, lenta emorragia. Dal 2020 addio a 33 attività: "Nel futuro spariranno i negozi"

Al 31 dicembre del 2020 erano 714 le attività commerciali in città. Oggi se ne contano 681; a Empoli mancano all’appello 33 esercizi rispetto all’ultimo triennio. A perdere di più è il settore moda, abbigliamento, scarpe. Regge la categoria dei bar e dei ristoranti insieme a quella delle strutture ricettive. Lo rivela l’ultimo osservatorio sulla demografia d’impresa realizzato da Confcommercio con il contributo del Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne, uno studio che prende in esame lo stock di imprese in 120 comuni italiani medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia.

Estrapolando il dato empolese dalla panoramica fiorentina, si parla di poco più di 30 saracinesche abbassate, la differenza tra aperture e chiusure dal 2020 a fine 2023 è pari al -5%. "Un dato tutto sommato migliore rispetto ad altre realtà - commenta Alessandro Costagli, alla guida della delegazione Confcommercio dell’Empolese Valdelsa - Il futuro della nostra città? Sarà senza negozi, ecco il trend. Una tendenza comunque meno accentuata rispetto ad altre situazioni. I negozi moda sono quelli che soffrono di più". Abbigliamento, merceria, calzature diventeranno ’merce rara’, negozi fisici destinati all’estinzione. Tra i motivi principali, il mancato ricambio generazionale. "Chi è vicino alla pensione non trova risorse umane a cui lasciare il timone. I giovani (pochi) entrano nel settore del food. Tengono seppur con difficoltà i piccoli negozi di alimentari, ma per il comparto moda c’è molta preoccupazione".

Empoli per tradizione è territorio che veste. Era così fino a qualche decennio fa. "Calzaturifici e confezioni o hanno chiuso i battenti o sono diventati factory outlet - spiega Costagli - Dalla pandemia il settore è uscito indebolito, piegato poi dai problemi causati dall’aumento dei costi, tra caro bollette, caro affitti e il resto". I timidi tentativi di nuova apertura si contano sulle dita di una mano. Dietro al dato positivo, attività gestite perlopiù da stranieri, cinesi e pakistani in primis. "Per provare a bloccare questa emorragia ci vorrebbe una Città del Natale tutto l’anno, iniziative per promuovere in modo compatto la nostra rete di attività. O si avrà, in un futuro, una città svuotata dai negozi".

Y.C.