Bruno Berti
Cronaca

Cev, dall’aristocratica cristalleria ai ‘plebei’ uffici e appartamenti

Nell’area di via dei Cappuccini anche un interesse, a suo tempo, della magistratura per i fratelli Giambra, poi assolti nell’inchiesta sui ‘fidi facili’ della Cassa di Risparmio di Firenze. Il nodo del mega parcheggio

Nella partita degli interventi sulle aree industriali dismesse, o da dismettere per impossibilità di crescita, negli anni ’80 a Empoli si inserì il nodo dell’aristocrazia del vetro, vale a dire la cristalleria Cev di via dei Cappuccini, ex Eminente poi trasformata in cooperativa con l’impegno dei lavoratori. L’azienda aveva lavorato per molti anni nella sua sede storica, quella di via dei Cappuccini appunto. Ma con il passare degli anni doveva fare i conti con l’impossibilità di ampliarsi per mancanza di spazi. E proprio all’inizio degli anni ’80, con il maturare di una sensibilità ecologica che non vedeva di buon occhio le imprese nel centro cittadino, anche per una questione di inquinamento, il Comune dette vita a una variante per le zone di ristrutturazione, tra cui rientrava anche la coop Cev. Con il nuovo strumento urbanistico diventava vitale trovare altrove uno sbocco per l’attività industriale. E così i vertici della cooperativa si guardarono intorno, sia per una nuova sede dell’attività che per un uso diverso del terreno su cui sorgeva l’azienda.

I dirigenti della coop trovarono un’opportunità per il trasferimento della cristalleria altrove, nel territorio empolese, visto che i soci e dipendenti avevano calibrato le loro scelte in tema di abitazione in base al comune in cui si trovava lo stabilimento. La scelta finale cadde su un’altra impresa vetraria, disponibile, che si trovava a Ponte a Elsa, in località Le Volpi, dove si trasferirono i 70 lavoratori in forza all’azienda.

Risolto il problema della prosecuzione dell’attività, restava il tema, anch’esso strategico dal punto di vista delle finanze, di trovare uno sbocco anche per la fabbrica in cui si continuava. per il momento, a lavorare. E allora i dirigenti dell’azienda presentarono in Comune un progetto che prevedeva la costruzione di una serie di edifici al posto della cristalleria.

Il progetto iniziale fu affidato all’architetto Danilo Cecchi. "Il progetto che presentai in Comune – ricorda il professionista – per conto della società Empoli Espansione (i proprietari) prevedeva quasi tutti uffici nei piani oltre al ‘terreno’, che, come d’abitudine, veniva destinato ad attività commerciali. Grosso modo, si trattava, ad eccezione del piano terra, appunto, di quattro quinti degli spazi delle nuove costruzioni per uffici e circa un quinto per le residenze. E a questo punto i miei ricordi si fermano, perché con lo sviluppo del progetto mi subentrò un altro tecnico".

Nel frattempo, infatti, la società iniziale aveva passato la mano, come spesso accade nel settore immobiliare. Le era subentrata una delle imprese della galassia dei fratelli Michele e Giuseppe Giambra. Gli imprenditori, con sede a Prato, erano arrivati ad avere 51 società nel settore immobiliare. I fratelli, proprio negli anni in cui operavano anche a Empoli, furono coinvolti nell’inchiesta sui fondi facili erogati dall’allora Cassa di Risparmio di Firenze. Per quell’indagine, anni dopo, per i due imprenditori le cose si chiusero positivamente. "L’ inchiesta sui cosiddetti "fidi facili" (29 miliardi erogati fra il ‘90 e il ‘93 dalla Cassa di Risparmio di Firenze al gruppo Giambra) – scrivevano le agenzie – si è chiusa con l’ assoluzione "perché il fatto non sussiste" o per prescrizione dei 10 imputati, fra cui Michele Giambra (difeso dall’ avvocato Guido Puliti), suo fratello Giuseppe e il dottor Ugo Bertocchini. Le accuse, a vario titolo, erano associazione a delinquere, appropriazione indebita, falsi e truffa".

Il successore di Cecchi nell’incarico di seguire la progettazione dell’intervento sulla Cev fu l’ingegner Emilio Cioni. "IL palazzo, fatto a U – spiega il professionista – fu ristrutturato prevedendo circa 105 appartamenti, sempre con i canonici negozi, o studi, al piano terra e uffici al primo piano". Infatti, nel tempo le cose erano cambiate, e l’originaria previsione di quasi tutti uffici era caduta perché era sfumata l’ipotesi di cedere il fabbricato a un ente che ci avrebbe sistemato la sua sede. "Nel frattempo – ricorda Cioni – si erano avvicendate le proprietà e le società di costruzioni che operavano, fino al Consorzio Etruria". Ma il palazzone visse ancora altre traversie, visto che per un certo periodo il Comune aveva pensato di ‘voltare’ l’ingresso della stazione ferroviaria, privilegiando il lato Sud, con un sottopasso e un importante parcheggio nell’ex Cev. "Ci furono però – dice ancora Cioni – problemi per il rio dei Cappuccini (tombato, ma c’è, ndr)". L’ipotesi poi fu abbandonata e l’edificio ha impiegato ancora del tempo per arrivare alla vendita dei tanti appartamenti realizzati.

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